Cronistoria di un intreccio, quello tra giallorossi e bianconeri, che ha regalato non pochi incroci anche in chiave allenatori
Storia di una rivalità mai passata in sordina. Un groviglio di intrecci, di una competizione che molto spesso è andata oltre il perimetro di gioco. Ma soprattutto di due panchine i cui fili si sono spesso dipanati in maniera tale da incrociarsi in modo profondo. Separati da tre punti in campionato e pronti a sfidarsi faccia a faccia nel confronto dell’Olimpico in programma domenica sera alle 20.45, Roma e Juventus continuano a far parlare di sé non solo in campo, ma anche in chiave mercato.

In attesa di chiudere una stagione che, sebbene sia cominciata male, potrebbe comunque regalare spazi di manovra interessanti a Dovbyk e compagni, la Roma sta continuando a ragionare con molta attenzione sul profilo al quale affidare le redini della propria panchina. Una scelta definitiva da parte della proprietà non è stata ancora fatta. O meglio, non c’è stato alcun annuncio a riguardo, almeno per il momento. Le indiscrezioni e gli spifferi, dunque, impazzano senza soluzione di continuità. Da Pioli ad Allegri passando per Ancelotti, senza trascurare possibili sorprese in pieno stile Friedkin.
Il toto allenatori sta ormai impazzando senza soluzione di continuità. Il riferimento al tecnico livornese e ‘Don Carlo’, però, ci permette di compiere uno step ulteriore, passando in rassegna gli allenatori che hanno fatto la ‘spola’ da Roma a Torino, passando dalla panchina della Roma a quella della Juventus (o viceversa). Passato che soprattutto nel caso di Allegri coincide con la volontà di archiviare l’ultimo triennio all’ombra della Mole che, sia pur tra molte difficoltà, ha quasi sempre fatto registrare gli obiettivi minimi stagionali impreziositi dalla vittoria di una Coppa Italia. Che sia proprio Allegri il profilo scelto dai Friedkin in grado di raccogliere l’eredità di Ranieri è ancora presto per dirlo. La sezione ‘Amarcord’, però, offre molti spunti interessanti per ripercorrere almeno nelle sue linee essenziali la storia degli allenatori che hanno vissuto momenti importanti nelle due piazze, portandole molto spesso in trionfo.
Juventus-Roma in panchina: l’avventura di ‘Lord Carver’ da cerchiare in rosso, Ghiggia uomo squadra
La prima trappa di questo intrigante percorso fa tappa a Liverpool, nel lontano 1911. Pochi giorni dopo la ‘presentazione’ ufficiale del Titanic, nasceva un vero e proprio innovatore del mondo del calcio in tanti suoi aspetti: Sir Jesse Carver. Mossi i primi passi nella First Division inglese, l’ex Milwall decise di approdare in Serie A accettando l’intrigante proposta messa sul piatto dalla Juventus, alla cui guida rimase dal 1949 al 1951.

Se l’applicazione della difesa a zona rispetto alla consueta marcatura a uomo è ormai diventato un mantra al quale gli allenatori moderni si stanno via via adattando, il merito va soprattutto a Carver. O meglio, al tecnico inglese va attribuita la costanza e la lungimiranza di puntare sin da subito su uno scacchiere tattico che esaltasse il collettivo anche nelle marcature difensive. Si difende insieme per arginare le linee di incursione avversarie senza perdere di vista l’uomo. È la svolta. Dopo 15 anni la Juventus torna a vincere lo Scudetto.
Tuttavia, come ogni tipo di rivoluzione, anche quella di Carver ha bisogno di tempo per far breccia. Ed è a distanza di qualche anno dalla ‘fuga’ del tecnico britannico in Inghilterra e del suo ritorno in Italia che il binomio Carver-Roma diventa realtà. Dal 1953 al 1955 allena infatti Alcides Ghiggia e compagni, riuscendo anche a centrare un insperato terzo posto. La Capitale lo incensa e lo vede come un innovatore. Il carattere schivo e appartato di Carver riescono a far breccia nella passionale piazza giallorossa.
Dalla Juventus alla Roma, il dottor Sarosi sale in cattedra
Voglia di incidere, osare e sperimentare, allontanandosi dagli schemi pre costituiti. Qualità che hanno inciso profondamente nella vita da calciatore e di allenatore di Gyorgy Sarosi. Con Carver, l’avvocato magiaro con il vizio del gol ha in comune tante cose a cominciare dalla centralità assunta nei rispettivi paradigmi calcistici dal concetto di zona. Messi a segno 351 gol in 382 presenze con la maglia del Ferencvaros, in Sarosi spira forte il desiderio di mettersi in gioco anche a bordo campo.

Politica e pallone in quegli anni sono uniti in Ungheria dal filo rosso del partito comunista. Sostrato che l’idealista Sarosi fa fatica a digerire. Arriva dunque in Italia con un carico importante di idee, molte delle quali – però – vivono ancora in un limbo fatto di lavoro e metodo. Caratteristiche che – tra l’altro – gli permetteranno di concludere gli studi universitari e diventare avvocato. In Italia il dottor Sarosi – come era affettuosamente definito anche dalla stampa italiana – trova una ‘via del rifugio’ percorrendo lo ‘Stivale’ in lungo e in largo.
Dal Bari al Genoa, passando per Lucchese, Brescia e Bologna. Il coronamento di un sogno è però la vittoria dello Scudetto da allenatore della Juventus nel 1952: Sarosi ha l’acume e la lungimiranza di raccogliere i profitti – aggiungendo nuove idee – del lavoro di Carver, del quale raccoglie soltanto in parte l’eredità. Non è forse un caso che il ‘professore’ ungherese è l’erede del tecnico inglese anche sulla panchina della Roma per la stagione 1955-56: le tante aspettative in lui riposte dal presidente Sacerdoti, però, vengono sostanzialmente ridimensionate dal sesto posto ottenuto in campionato. Non meno incertezze lascia anche la seconda parentesi di Sarosi in qualità di direttore tecnico della Roma (nel 1959).
Tecnici che hanno allenato sia la Roma che la Juve: Luis Carniglia tra gioie e delusioni
Il nostro itinerario non può non chiamare in causa quella che può essere definita a tutti gli effetti una vera e propria leggenda. Ci stiamo riferendo a Luis Carniglia che, dopo aver vinto due Coppe dei Campioni, nel 1961 scelse di accettare l’intrigante progetto propostogli dalla Roma durato fino al 1963. Istrionico, da vero gigante della panchina il tecnico argentino era in grado di interpretare al meglio i vari momenti della partita con classe e naturalezza.
La vittoria alla guida della Roma della Coppa delle Fiere nella finale giocata contro il Birmingham è stata un’altra ciliegina sulla torta della sua splendida carriera. Dopo essere riuscito a risollevare le sorti di un Bologna che ‘Yiho’ nel 1969 volò alla Juventus: esperienza avara di particolari soddisfazioni e chiusa soltanto con una manciata di vittorie in campionato. Troppo poco per Carniglia che non riuscì a trovare nella ‘grigia’ Torino il contesto ideale nel quale far trapelare quella razionale leggerezza che ne ha contraddistinto la carriera.
Capello trionfa con la Roma prima di scegliere la Juve
La promessa rimasta negli annali: “Portatemi Batistuta e vi porterò lo Scudetto“. Una campagna acquisti oculata, impreziosita anche dall’innesto di Samuel. Un ambiente magico in grado di valorizzare una squadra con un’identità ben precisa. La dolce, dolcissima vittoria contro il Parma per 3-1 in quel 17 giugno 2001 che rimarrà incastonato per sempre nei cuori intrepidi di quanti hanno la fortuna di dire: “Io c’ero!”. No, il binomio Capello-Roma (sia da calciatore che soprattutto da allenatore) è molto più di una semplice questione di numeri.

Anche questo spiega il motivo per il quale – dopo quattro stagioni esaltanti vissute alla guida della panchina della Roma con tanto di vittoria dello Scudetto nella stagione 2000-2001 e della Supercoppa italiana, la scelta di ‘Don Fabio’ di accettare la corte della Juventus sia stata vista come una sorta di tradimento. “Su questa storia, su di me, sulle mie scelte sono state dette troppe falsità. È arrivato il momento di cominciare a mettere le cose in chiaro”.
Così, a distanza di qualche settimana dall’ufficialità del suo sì alla ‘Vecchia Signora’, Capello comincerà a ripercorrere la sua verità, tirando le fila di un rapporto con la Roma movimentato, appassionato per certi aspetti burrascoso ma sicuramente vibrante. Come non privo di contenuti emotivi sarà l’avventura di ‘Don Fabio’ in bianconero (dal 2004 al 2006), culminata con la vittoria dei due Scudetti poi tolti dalla giustizia sportiva.
Prima sulla panchina della Roma, poi su quella della Juve: la ‘parabola’ di Delneri
Le strade di Delneri e Ranieri si sono incrociate in svariate circostanze. La più famosa è maturata certamente nel corso della sfida dell’Olimpico tra la Roma e la Sampdoria, con la rimonta blucerchiata griffata da Pazzini che, di fatto, consegnò lo Scudetto nelle mani dell’Inter.

Grazie al quarto posto maturato nella stagione 2009-10 Del neri si guadagna la ‘chiamata’ della Juventus: l’esperienza in bianconero, però, dopo un inizio promettente, si rivela un vero e proprio fallimento da gennaio in poi soprattutto dopo l’infortunio accorso a Fabio Quagliarella. Un trend peraltro non molto diverso da quello maturato sei anni prima all’ombra della Colosseo.
Quella 2004-05 su infatti una stagione che considerare tribolata per la Roma – anche a causa di presunte frizioni nello spogliatoi e spifferi sulle vicende societarie – sarebbe solo un eufemismo. Terminato con una salvezza acciuffata tutt’altro che in scioltezza, il campionato in questione vide succedersi ben cinque allenatori sulla panchina giallorossa: Gigi Delneri successe infatti a Cesare Prandelli e Rudi Voeller, prima che le redini venissero consegnate a Bruno Conti (il tutto senza trascurare la breve parentesi griffata Ezio Sella).
Dalla Juventus alla Roma: la ‘cura’ Ranieri e i nuovi possibili risvolti
“Quando la Roma chiama, è impossibile dire di no”. Basterebbe soltanto questo per spiegare il legame indissolubile che lega Claudio Ranieri a quella che ha sempre considerato la sua casa. Prima di arrivare alla Roma (in panchina dal 2009 al 2011) e sfiorare quel clamoroso Scudetto sfumato anche a causa dell’Inter del Triplate targata José Mourinho, il tecnico testaccino ha vissuto una breve esperienza anche sulla panchina della Juventus (dal 2007 al 2009).

“Non è vero che la Juve si sta ridimensionando: sta crescendo per tornare a vincere al più presto. Faremo di tutto per fare bene sui campi d’Italia e D’Europa”. Parola e musica di Claudio Ranieri che, una volta raccolta l’eredità di Didier Deschamps, ha avuto il merito di ‘curare’ una particolare fase di transizione della compagine bianconera, passata per l’inferno della Serie B. Dopo un terzo posto promettente, però, la ‘Vecchia Signora’ non riesce a fare il salto di qualità nonostante una fase a gironi importante. Sfiduciato con il passare delle giornate, Ranieri viene esonerato a due giornate dalla fine del campionato. Il che rappresentò l’inevitabile preludio all’inizio dell’avventura in giallorosso di Ranieri.
Quella iniziata nello scorso novembre, infatti, è il terzo capitolo del binomio Ranieri-Roma. Il primo – durato dal 2009 al 2011 – ebbe nella finale di Coppa Italia e nello Scudetto mancato per soli due punti le vette più importanti da un punto di vista tecnico ed emozionale. La seconda, invece, ebbe una durata più breve e si concentrò soltanto nel 2019, anno in cui il tecnico testaccino subentrò in corsa al posto dell’esonerato Eusebio Di Francesco ricoprendo un ruolo da traghettatore fino al termine del campionato (chiuso dalla Roma al sesto posto).
In questa stagione Ranieri ha avuto il grandissimo merito di risollevare il morale di una squadra a pezzi che porterà verosimilmente Dovbyk e compagni a giocarsi in fondo chances importanti per strappare un posto in Europa. C’è un dato da non trascurare: grazie al successo sul campo del Lecce griffato Dovbyk, Ranieri ha ottenuta la sua settantesima vittoria da quando è alla guida della Roma, la 53° in campionato. Che il Ranieri tre possa fare da prima di un’altra stagione in cui alla guida della panchina dei capitolini possa esserci un ex tecnico della Juventus? Ai poster l’ardua sentenza…