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Due squadre escluse dalla Serie A: Roma e Juve sotto attacco

Mentre Milan e Roma si preparano ad affrontarsi nel ritorno dei quarti di finale di Europa League, torna in auge la polemica sul nuovo format della Seria A

La sfida decisiva tra il Milan di mister Pioli e la Roma di Daniele De Rossi, utile a decretare quale delle due società potrà proseguire il cammino in Europa League, è ormai alle porte. Dopo la gara di andata vinta dai ragazzi di DDR e consumatosi allo stadio Giuseppe Meazza (San Siro), i rossoneri devono tentare il ribaltone direttamente in terra romana, con un Stadio Olimpico gremito di tifosi giallorossi, pronti a supportare il proprio gruppo di calciatori.

Dan e Ryan Friedkin (Ansafoto) – Asromalive.it

Entrambe le formazioni partiranno con la consapevolezza che i giallorossi godono di un gol di vantaggio segnato all’andata, ma i lombardi possono ancora contare su alcune singolarità invidiate da mezza Europa. Tuttavia, il contesto appena descritto appartiene esclusivamente all’attualità, mentre, nelle rispettive dirigenze, rimane necessario concentrarsi soprattutto sul prossimo futuro del club.

Il mercato estivo si avvicina, ma non è soltanto questo a preoccupare i vertici giallorossi. Nelle ultime ore infatti sarebbe intervenuta una personalità di spicco del panorama calcistico a criticare aspramente l’operato di Roma, Juventus e altre due big.

Campioanto a 18 squadre: Galliani bacchetta le big

Nelle scorse settimane si è fatto un gran parlare della possibilità di trasformare il format della Serie A, facendolo passare da 20 a 18 squadre. Un dibattito acceso, su cui si sono susseguite una serie indefinita di dichiarazioni da parte di figure influenti del mondo calcistico. Lo stesso presidente della Federazione Italiana Giuoco Calcio (Figc), Gabriele Gravina, ha più volte ribadito come una revisione del format appare piuttosto inevitabile, al netto dell’evidente minoranza di società che hanno avallato tale prospettiva. Recentemente, Gravina ha dichiarato: “Il sottoscritto e il consiglio federale hanno lasciato piena autodeterminazione alla Serie A di scegliere il format che ritenesse più opportuno”.

Adriano Galliani (Ansafoto) – Asromalive.it

L’intervento del numero uno della Figc e la proposta del campionato a 18 squadre sono stati commentati nelle scorse ore da Adriano Galliani, attuale amministratore delegato del Monza, nonché vecchia conoscenza del Milan. L’ex dirigente rossonero ha espresso in maniera piuttosto chiara il suo scetticismo in merito al format, condannando senza mezzi termini le poche società che avrebbero manifestato interesse nell’avviare la metamorfosi: “I contrasti interni al sistema ci sono sempre stati ma ora si sono acuiti perché quattro big, Milan, Inter, Juventus e Roma, hanno pensato che attraverso l’abolizione del diritto di intesa si potesse cambiare il formato delle Serie A da 20 a 18. E nella maggioranza dei club è nata la convinzione che il presidente federale fosse d’accordo con questa posizione”.

Galliani prosegue: “Io non posso fare domande, sono il legale rappresentante di una squadra di Serie A e dunque faccio fatica a essere imparziale. Cosa avrei fatto se fossi stato ancora dirigente del Milan? Avrei tentato una manovra meno rozza, mi sarei mosso in modo diverso. Si può passare anche da 20 a 18 squadre, ma con percentuali di ricavi a chi retrocede. In questo momento si sta creando un divario incredibile tra le prime squadre, che fatturano 500 milioni, e le ultime che fatturano 50 milioni”. Dichiarazioni che lasciano poco spazio all’interpretazione. Le esigenze di poche big (per le quali risulterebbe essenziale un alleggerimento dei carichi di lavoro in stagioni sempre più fitte di impegni), secondo Galliani, non possono essere anteposte a quelle delle piccole, già abbastanza in difficoltà a causa della divisione iniqua dei diritti televisivi.

Leonardo Marcucci

Laureando in Lettere, la mia infanzia si è consumata in una piacevole convivenza tra calcio e cinema. Tuttavia, a differenza di molti, nel mio caso la scrittura non è mai stata un piacevole ripiego ad una sfumata carriera da calciatore o regista, ma, al contrario, l’obiettivo è sempre stato chiaro e univoco: diventare un giornalista. Affetto da una grave patologia che mi impedisce di assistere ad una qualunque manifestazione umana, senza ritrovarmi a fare ordine tra una sequela di analisi e conseguenti giudizi (alle volte dissonanti tra loro), ho sempre individuato nel giornalismo la pratica più proficua e stimolante per tentare di unire l’utile al dilettevole.

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