Minacce e pugni all’arbitro, sentenza UFFICIALE dopo le scene di ingiustificabile violenza: denuncia, squalifica e condanna.
Ha del clamoroso quanto accaduto sul terreno di gioco, come evidenziano anche le chiare e veementi conseguenze di cui è arrivata da poco l’ufficialità. Al netto della tensione e dell’agonismo che possono contraddistinguere qualsiasi tipo di sport e, a maggior ragione, una gara di calcio, certi atteggiamenti sono intollerabili in qualsiasi momento e contesto, meritando altresì denunce e conseguenze immediate al fine di scongiurare altri scenari simili.
Giuste e doverose, quindi, le decisioni arrivate in questi giorni rispetto agli accaduti risalenti al 2018, quando si disputava una partita tra la squadra multietnica de L’Aquila e il Piano San Lazzaro, nel campionato di Terza Categoria. Era il 7 aprile e quello che doveva essere un semplice incontro di calcio si trasformò in spiacevole e inclassificabile “spettacolo”, per le squadre in campo e i tifosi presenti in tribuna.
Minacce e pugni all’arbitro, UFFICIALE: squalifica e tre mesi di condanna
Ad essere coinvolto un giocatore ad oggi trentacinquenne, protagonista allo Stadio Dorico di violenze e minacce nei confronti del direttore di gara, poco più che maggiorenne. L’allora numero dieci, piuttosto che contraddistinguersi per qualità nella costruzione di trame di gioco, macchiò l’evento e, in seguito, la propria fedina penale per la folle decisione di aggredire verbalmente e fisicamente l’arbitro.
Il motivo scatenante, come ricorda Il Corriere Adriatico, fu la mancata concessione di un calcio d’angolo, cui fece seguito il primo dei due pugni sferrati dal soggetto in questione, prima che l’espulsione per proteste e minacce lo inducesse a colpire nuovamente il fischietto di quella partita. Ad acuire la tristezza di tale situazione è certamente la presenza del figlio e della moglie in tribuna, spettatori passivi di un episodio conclusosi con la denuncia e la squalifica del giocatore.
A ciò si è aggiunto il Daspo, con la conferma della condanna che prevede tre mesi di reclusione per reati di lesioni e minacce gravi, con sospensione della pena previo pagamento del provvisionale di duemila euro, dilazionabili in sei rate mensili. L’arbitro, costituitosi parte civile, era stato soccorso dal 118, dopo aver interrotto poco prima del trentesimo minuto la partita ed essersi rifugiato negli spogliatoi.