Dal Fair Play Finanziario al calciomercato e la ‘minaccia’ dell’Arabia Saudita nel mondo del pallone: ecco le parole di Tiago Pinto.
Il general manager della Roma è stato in questi ultimi mesi impegnato in una campagna acquisti a dir poco complicata e ricca di eventi, durante la quale ai piani alti di Trigoria si è cercato di osservare il rispetto dei paletti finanziari e, al contempo, la necessità di migliorare la squadra di José Mourinho. Tanti aspetti erano stati toccati dal dirigente già due giorni fa, in occasione della conferenza stampa di fine mercato.
Divenuta motivo per approfondire e spiegare dinamiche di mercato, istruendo altresì la piazza relativamente alla complicata materia del Fair Play Finanziario e al settlement agreement, l’ora di discussione tra Pinto e la stampa aveva già elargito preziose informazioni. A queste, si aggiungano anche quelle arrivate nel corso di queste ore, a margine dell’evento organizzato dalla Liga Portgual, il Thinking Football Summit.
“Al giorno d’oggi non possiamo allontanarci dal tema principale di questa conferenza, perché i club hanno effettivamente iniziato a sovradimensionarsi con i giocatori che ingaggiano, con le strutture che costruiscono, sempre con l’aspettativa che in futuro il giocatore venga venduto e che e che vengano effettuate plusvalenze per generare così entrate straordinarie ed entrate ordinarie”.
“Noi direttori sportivi siamo direttori finanziari per il 50% del tempo. Quando si è legati alla questione del fair play finanziario, della sostenibilità del progetto sportivo e dei conti che si devono presentare ai proprietari, di fatto i trasferimenti diventano qualcosa di ordinario e non di straordinario. Una società come la Roma all’80/90%, è concentrata su questa idea di costruzione del progetto sportivo e sulla base dei trasferimenti per poter sostenere l’intera struttura di una società di calcio“.
“Dobbiamo essere preparati a questa realtà. Credo che sia un fenomeno che è nato economicamente ma ora è anche sociale, nel senso che il giocatore inizia a sentirsi attratto dal trasferirsi in un campionato dove ci sono altri grandi calciator. Alla Roma quest’anno abbiamo avuto la situazione di un giocatore che è stato trasferito in Arabia Saudita. Si tratta di un ragazzo di 23/24 anni che ora è nella nazionale brasiliana“.
“Quando hai la possibilità di giocare con giocatori come Firmino, Mahrez o Allan Saint-Maximin, sei su un altro livello. Non è solo il cambiamento economico, ma vuoi giocare con questi giocatori. Possiamo discutere della qualità del gioco, ma la verità è che c’è un movimento sociale nel calcio“.
“Non vedo alcuna differenza tra un club inglese o l’Al-Ahli che ha la capacità di soddisfare la clausola di Gabriel Veiga da 40 milioni. Possiamo discutere di geografia, di diritti umani… Dal punto di vista del mercato, è una realtà. Dal mio punto di vista, ciò che dovrebbe cambiare sono le finestre di mercato. Dovremmo avere tutti le stesse armi, gli stessi orari. Non sono d’accordo sul fatto che il mercato sia aperto quando iniziano le competizioni. Non ha senso che noi finiamo il 1° settembre e che altri campionati con molto potere economico-finanziario finiscano una settimana dopo“.
“I soldi non sono tutto. Se lo fossero, il PSG vincerebbe la Champions League ogni anno. Molti giovani giocatori ormai vanno lì. Vediamo Ibañez, Demiral, Veiga all’Al-Ahli… sono tutti giocatori giovani. Bisogna reinventarsi. Non posso competere con loro. Ma così come non posso competere con l’Al-Hilal, con il Manchester City, il Manchester United o con il Brighton”.
Strategia tra allenatore e direttore sportivo, in questo caso con José Mourinho: “La scuola del Benfica insegna che bisogna creare un ‘ambiente tranquillo’. Bisogna coinvolgere lo scouting, l’allenatore e la strategia del club per cercare di trovare un comune accordo negli acquisti che vengono fatti. Se si entra in una dinamica in cui il club vuole un certo giocatore e lo ingaggia a prescindere dall’opinione del manager o viceversa sarà un problema”.
“Alla Roma non abbiamo mai avuto questo problema. Sappiamo che tipo di giocatori possiamo ingaggiare in base alle esigenze che abbiamo. C’è un ambiente sano per cercare giocatori in linea con la strategia del club, che l’allenatore conosce, apprezza e che possano essere risorse per la squadra, ma allo stesso tempo devono anche esserci le condizioni per ingaggiarlo. È la cosa più difficile, perché richiede molte chiacchiere, molto dialogo, molte analisi, ma è l’unico modo per avere successo. Perché se a metà stagione le cose cominciassero ad andare male, si inizierebbe a puntare il dito verso un colpevole, e non avrebbe senso“.
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