“Diventare Mourinho”, il ritratto a cura di Ivan Zazzaroni di quel José amato quanto criticato e da sempre capace di dividere, entusiasmare o, molto più semplicemente, far parlare di sé.
Lungi dal rivelarsi una biografia organizzata in diacronia con dettagli superflui o poco interessanti per i più, il volume risulta sin dal primo momento fedele a quel titolo che, in modo più o meno implicito, tradisce la volontà di evidenziare la maturazione del mister di Setubal. Non ovidiana, certo, ma comunque evidente ad occhi attenti e non superficiali la metamorfosi descritta sin da subito e rappresentante il filo rosso di un testo curato e ricco di altalene ben calibrate tra presente e passato, su un asse cronologico il cui anno 0 è rappresentato da quel 4 maggio 2021, catalisi di una frammentazione che porterà il percorso professionale e personale di Mou ad essere diviso in una fase a.Roma e una d.Roma.
“Conoscevo un altro Mourinho”, il quasi lapidario esordio, matrice di un iter che denuda e mette a confronto il Mou “incendiario e pompiere” con quel “solito professionista” ricercante una personalissima e squisita sensibilità, da lui stessa rimpianta. Quella che, parole sue, lo avrebbe portato a vincere il doppio dei trofei se posseduta con qualche lustro in anticipo ma che non ha mai lenito o plasmato il suo tratto più marcato: la fame di vittoria.
Rimanendo sempre protagonista, la figura di Mou concede spazio anche ad aneddoti e focalizzazioni da diversi punti di vista. Non solo, dunque, reminiscenze emblematiche quali le allusioni al Monaco del Tibet, le dialettiche con Ranieri, la “Special Run” contro il Sassuolo o la serenità “papesca” palesata nella sua presentazione all’etere romano. Emerge, infatti, anche una certa attenzione verso una componente centrale in uno sport che (almeno sulla carta) resta popolare e, in quanto tale, della gente.
Portavoce dell’entrata di Mou e della Roma nella quotidianità capitolina sono gli amici dell’autore, assidui frequentatori di quel “Bar dei Mejo”, divenuto dopo la notte magica di Tirana il “Bar Mou”. Confronti e discussioni (pacate) in nome dell’eterno amore per la Roma si intersecano al filone principale e aiutano ad analizzare alcuni dei momenti clou del primo anno mourinhiano nella capitale con gli occhi di Anselmo, Marcone, Irnerio e gli altri assidui frequentatori di quel club anonimo ma “dichiaratamente romanista” ai piedi di quel monte un tempo, si narra, sede dei furti di Caco ed Ercole.
Interessante e mai pedante, poi, una delle sezioni centralissime del volume, improntata su quell’arte del successo per apprendere la quale bisogna saper entrare nella testa di Mourinho, fluida e in continuo dinamismo nonché profonda al punto tale da portare il neuroscienziato portoghese Antonio Rosa Damasio ad analizzare il modus operandi del proprio connazionale. Senza entrare in tecnicismi e approfondimenti specifici, Zazzaroni allude quindi a quella teoria del “marcatore somatico”, alla base del lavoro di Mou e di quella strettissima connessione da lui creata tra corpo ed emozioni.
Una delle tante componenti in grado di rendere José un unicum, ossia la capacità del personaggio nel saper frazionare (o meglio, spaccare) le visioni circa la propria figura, è poi affrontata secondo una particolare focalizzazione. Ci riferiamo alla calibrazione di un’analisi incentrata sulla “colata di acido” versata, tra le tante, anche dalla fine penna del fu Gianni Mura sullo “Specialone-Furbinho” ma scandagliante al contempo anche il profondo amore nei suoi confronti da parte di personaggi del calibro di Enrico Vanzina.
Prima della liviana chiusura, dal sapore di quasi omaggio alla ventennale carriera, Zazzaroni parla anche di retroscena legati all’ultima campagna acquisti estiva di Pinto, in grado di portare quel Dybala con il quale Mourinho, i Friedkin e Roma tutta sembrano aver voluto generare un sentimentale Do ut des, i cui frutti sono purtroppo stati fin qui raccolti solo in parte a causa delle solite problematiche del 21. Quest’ultimo diviene ennesimo successo del mister di Setubal e, soprattutto, plastico e qualitativo emblema di quel leitmotiv-cambiamento del Mou “padrone” in Mou “papà”.
Valido coadiuvante per chi voglia provare a entrare nel mondo di Mourinho, disambiguando dubbi forse nascenti proprio da chi ne avesse ancora il ricordo della fase a.R, il volume fornisce gli strumenti per analizzare con calma e profondità una figura affascinante tout-court, in grado intelligentemente di plasmarsi e mettersi a servizio di un club e una città alla quale ha già dato molto e ricevuto altrettanto.
In settimane non proprio semplici per una Roma reduce dalla sconfitta nel derby e dal caso Karsdorp, può certamente servire a lenire le perplessità di chi non sia riuscito a comprendere quale voglia essere la strada di Mou e cosa si celi dietro le sue azioni, anche mediatiche. Un sussidio nobile, per evitare di restare coinvolti e vinti (o farlo con consapevolezza e non per costume) in quel giogo di “abbattimento dei Grandi” che ha fin qui provato a tangere anche il Mou d.R., senza però ovviamente riuscirci.
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