Roma, il pareggio agguantato in extremis al Mapei Stadium ha aiutato a evitare quella che sarebbe stata l’ennesima sconfitta di una stagione divenuta quasi un incubo.
A far male sono soprattutto le reminiscenze della scorsa primavera ed estate, quando, poche ore dopo l’annuncio della separazione da Fonseca, i social della Roma iniziarono a pullulare di immagini dello Special One, annunciato come allenatore della stagione successiva.
Nei cuori e nella mente di molti tifosi è ancora presente l’immagine con sguardo sornione di quel mister di Setubal con giubbino grigio, dall’occhio “a mezz’asta”, per dirla con l’espressione di chi è stato a Roma amato prima e calcisticamente odiato poi. La Capitale iniziò ad essere pervasa da un unisono sentimento di speranza, acuito da quell’entusiasmo che in piazze calorose come questa può essere elemento coadiuvante ma anche arma a doppio taglio.
Sono passati solo nove mesi da quel famoso 4 maggio, nell’immaginario dei più destinato a divenire una sorta di spartiacque, tra una Roma a.M(ou) e una d.M(ou). Un passaggio quasi storico, segnante il limite di un’epoca che si credeva poter cambiare con chi, nonostante tutto, resta uno dei tecnici più importanti del mondo e tra i migliori passati nella Capitale nell’ultima decade.
Nel calcio, come nella vita, non si può però vivere solo di gloria passata, rischiando così di soffocare con ciò che è stato lo slancio verso ciò che sarà. La Roma era attesa da un cambiamento, diremmo, quasi epocale, destinato a salutare definitivamente una fase in cui la paura dell’avversario e la discontinuità sarebbero, dopo lustri, stati definitivamente archiviati.
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Al giorno di San Valentino 2022, invece, Pellegrini e colleghi continuano a palesare degli errori ormai storici, autentici deja-vu che rendono questa squadra prevedibile, deludente, brutta. Senza voler sparare sentenze, nella speranza più che nella consapevolezza che questa stagione possa ancora regalare qualcosa, è giusto però riportare dell’analisi de “Il Messaggero” circa quella rivoluzione catalizzata durante la scorsa primavera ma che fin qui non ha permesso di raccogliere frutti.
Nessuno sembra aver tratto giovamento dalla presenza di una figura annoverabile in quel limitato corpus di personaggi in grado di spostare gli equilibri. I quaranta punti in stagione sono un bottino miserrimo che attualmente colloca i giallorossi al settimo posto. Lontano cioè da quella minestra presente nelle prime quattro posizioni, rispetto alle quali si è creato un gap soprattutto per cause endogene.
Si pensi ai punti buttati ieri ma anche alle trasferte di Bologna, Venezia, Verona o alle battute di arresto casalinghe con Sampdoria e Genoa. Lecito, dunque, chiedersi di chi siano le responsabilità e come queste debbano essere divise.
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José Mourinho, a detta della testata su citata, non merita che un cinque. Un limbo, insomma, tra la sufficienza e la bocciatura, un po’come la stagione fin qui. Il percorso in campionato impone il must di continuare a credere in un piazzamento in Europa League che apporterebbe comunque un upgrade rispetto al passato, senza dimenticare del baluardo delle speranze giallorosse chiamato Conference League. Il mercato, forse, non è stato all’altezza ma è giusto sottolineare che, al netto di episodi dubbi o sfortunati, la rosa appare amorfa, senza grandi stimoli e carente in quanto a idee.
Lecito, dunque, trovare il limes che separi le responsabilità di José dal connazionale Tiago. Apprezzabile, certo, il suo tentativo quasi disperato del trimestre estivo e dello scorso gennaio di epurare la rosa. Giusto, certo, separarsi finalmente di Nzonzi e Fazio ma si può dire lo stesso di Pedro e Dzeko? Il Messaggero sottolinea proprio come la sortita dello spagnolo e del bosniaco, ambedue divenuti leader a Milano e sull’altra sponda del Tevere, non abbia nemmeno fruttato un quid a livello economico.
Ancor meno meritevole di panegirici, almeno per ora, la scelta di investire 20 milioni di euro su Shomurodov, dopo un anno discreto in Italia in quel di Genova. Il tutto senza dimenticare dei quasi 15 milioni per Vina, arrivato come ricorderete dopo non poche difficoltà e fin qui protagonista di una stagione perfettamente in linea con quella della squadra tutta. Un bel 10 in pagella, dunque, per un binomio portoghese che ha fin qui deluso e che merita almeno mezzo voto in meno rispetto ai Friedkin. Se è vero che il silenzio di Dan e Ryan inizia a preoccupare la piazza, è altresì giusto sottolineare i grandi sforzi della nuova (si fa per dire) società sul mercato ma non solo.
Insufficienza piena poi, per una difesa che non ha ancora superato le incapacità di reagire alle avversità e ancora pregna di limiti tecnici individuali. Troppi i blackout dei singoli e del reparto tutto che ha pagato l’assenza di Smalling, anch’egli non esente da colpe, e la delusione del troppo aggressivo Mancini. Ibanez, dopo una buona prima parte di stagione, ha dimostrato di dover crescere ancora.
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Leggermente più edulcorati i voti di centrocampo e attacco. Si badi all’avverbio appunto, dal momento che “Il Messaggero” regala un 5 a Cristante e colleghi e mezzo punto in più alla zona offensiva. Veretout sembra una controfigura di quel giocatore visto negli ultimi due anni e forse persosi nei meandri dell’Arechi di Salerno, sede della sua ultima prestazione degna del suo nome. Se a ciò si aggiungono i reiterati errori dal dischetto, sua prerogativa, si comprende come il voto non possa che essere che negativo per un reparto che continua a non brillare. Questo soprattutto alla luce di capitan Pellegrini, smarritosi dopo l’infortunio e ancora lontanissimo dall’essere quel giocatore che Mou disse di voler triplicare all’interno della rosa. Eclettico Cristante che fa quello che può, al netto dei propri limiti. Meno incisivo nelle ultime apparizioni invece Oliveira, nel quale erano state riposte molte speranze solo un mese fa.
Poco meno della sufficienza per l’attacco. Abraham, nonostante tutto, al suo primo anno in Italia e a soli 24 anni, ha comunque segnato 18 volte. Manca però l’incisività di uno dei giocatori più attesi nell’ultimo biennio, Zaniolo. La testata sottolinea infine la felice nota di Felix, che però, giusto evidenziarlo, dopo la doppietta di Genova non pare essersi meritato altre paia di scarpe da “papà” Mourinho.
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