Lazio, le polemiche di domenica scorsa legate alla gara con l’Inter si sono infittite nelle ultime ore, coinvolgendo una questione slegata dalle vicende di campo.
La gara di Inzaghi contro il suo passato, preliminarmente ricca di spunti e curiosità, ha portato con sé numerose polemiche legate al gol del sorpasso biancoceleste, arrivato con Felipe Anderson. La vicenda ha catalizzato numerose discussioni di natura etica e prescrittiva relativamente a quello che deve essere il comportamento dei giocatori quando un avversario è fermo in campo, situazione, questa, divenuta sempre più una sorta di furbizia tattica per arrestare il gioco ed eventuali offensive avversarie.
Ciò che però ha contribuito a gettare ulteriore legna sul fuoco è stato il video circolato sul web in questi giorni, divenuto emblema di come, nel mondo del calcio e, in generale, nel nostro Paese sia ancora profondamente radicata una scarsa coscienza e consapevolezza di eventi storici passati e, di conseguenza, posizioni miopi quanto anacronistiche ma, soprattutto, da condannare con tutti i mezzi a disposizione.
Ci riferiamo, nello specifico, al gesto compiuto dall’emblematico falconiere della Lazio, ripreso sotto la Tribuna Tevere poco dopo la vittoria contro i nerazzurri mentre inneggiava al fascismo con il tristemente noto saluto romano.
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La vicenda ha indubbiamente e giustamente attirato l’attenzione di molti, a partire anche da ambienti lungi dal mondo del calcio. Lo testimoniano le parole di Noemi Di Segni, presidente dell’Unione Comunità ebraiche italiane che, definendo il gesto come emblematicamente fascista ed espressione d’odio, esorta all’immediata sospensione e allontanamento dal mondo dello sport del su citato e quanti si distinguano per comportamenti simili.
Non si è fatta attendere nemmeno la risposta della società capitolina che, prendendo le distanze dal gesto di Juan Bernabè e sottolineando come non vi sia alcun rapporto professionale diretto con la Lazio, ha annunciato di aver preso provvedimenti “finalizzati all’immediata sospensione dal servizio della persona interessata e all’eventuale risoluzione dei contratti in essere”.
La speranza è che questa presa di posizione così netta aiuti a combattere sempre di più atteggiamenti discriminatori e razzisti, ben lungi da quelli che dovrebbero essere i valori da coltivare nello sport così come nella vita, memori e consapevoli che “Una generazione che ignora la storia non ha passato… né futuro”.
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