Roma, la rivoluzione in casa giallorossa è cominciata con l’arrivo nella Capitale dei Friedkin: i punti della svolta.
Quattro mesi di crescita costante. E non ci si vuole fermare. La rivoluzione in casa giallorossa è iniziata con l’arrivo dei Friedkin: l’impatto è stato dei migliori. Con in primis la dimostrazione di vicinanza ai tifosi, riportando immediatamente il logo voluto dallo zoccolo duro della tifoseria. Completamente diverse dall’approccio Pallotta.
Così come la questione stadio, che è centrale nel progetto in mente alla proprietà texana. Si punterà ancora a Tor di Valle, ma senza quella miriade di uffici che aveva previsto il vecchio patron. Si punta a qualcosa che oltre a far aumentare i ricavi possa essere facilmente raggiungibile e molto attraente. Per far sognare i tifosi.
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Roma, i migliori talenti non si vendono
La gestione Pallotta – scrive il Corriere dello Sport questa mattina – era quella dell’autofinanziamento: vendere i migliori per poi investire sul mercato una parte dei ricavi e cercare di fare sempre bene. Una scelta discutibile, pensando ad Alisson, Salah, Paredes, Emerson Palmieri e tanti altri che sono passati dalle parti di Trigoria. I Friedkin invece, oltre ad accollarsi i debiti, hanno immediatamente pensato ad un aumento di capitale. Non sarà sicurante la salvezza, ma fa capire le intenzioni che ci sono.
Infine l’impronta nella sobrietà degli stipendi e nelle commissioni ai vari procuratori. Ecco perché le indicazioni che sono arrivate a Tiago Pinto sono quelle d’investire sui giovani per un progressivo ringiovanimento della rosa. E in questo modo rimettersi in carreggiata per poi col tempo puntare a qualcosa d’importante. Ma tutti gli acquisti che verranno fatti saranno di valore. Evitando però quelle commissioni faraoniche che hanno fatto male al mondo pallonaro negli ultimi anni.