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Roma, le parole di Villar: “Stiamo portando la squadra al vertice”

Roma, il giovane centrocampista spagnolo Gonzalo Villar si è raccontato in una intervista al sito ufficiale giallorosso.

Gonzalo Villar (Getty Images)

Ecco le sue parole:

Chi eri da bambino?
“Sin da piccolo mi piaceva giocare con la palla. Mia madre mi diceva che anche quando andavamo  a fare la spesa camminavo con la palla ai piedi. Non c’era un momento in cui mi stancavo di giocarci”.

Com’è nato il tuo amore per il calcio?
“A scuola, è lì che ho iniziato ad appassionarmi. Studiavamo e durante la ricreazione giocavamo a pallone con i compagni. Era una cosa che avevo dentro di me. Penso di essere aver portato io l’amore per il calcio nella mia famiglia”.

 Il primo ricordo legato al calcio?

“Quando avevo quattro anni, i miei genitori hanno portato mio fratello più grande a giocare a calcetto. Io ho insistito per giocare con lui e i compagni. Mi hanno lasciato fare, hanno visto che ero bravo e quella è diventata la mia prima squadra”.

Come sei passato dal calcetto al calcio?
“Già a scuola ho fatto il passaggio dal calcio a 5 al calcio a 11, poi un mio parente aveva delle conoscenze nel Real Murcia e mi ha proposto di andare a fare un provino con loro. È andato bene e alla fine hanno detto a mio padre che volevano tenermi. Avevo 9 anni e la mia reazione all’inizio è stata negativa, non mi andava di lasciare la squadra della scuola con tutti i miei amici. Ma hanno insistito e dopo due settimane ho accettato. È stata una scelta giustissima, ho giocato per 6 anni lì e poi sono passato al’Elche e lì è iniziata la mia carriera”.

Per quale squadra tifavi da bambino?
“Per il Real Murcia, la squadra della mia città. Oggi gioca in Segunda B, la Serie C spagnola. Attualmente non è in un buon periodo perché non ci sono tanti soldi, ma io comunque  continuo a vedere le loro partite quando possibile e spero un giorno possano ritornare nella Liga. Poi poi nel 2008 la Spagna giocò una partita di qualificazione ai Mondiali contro la Bosnia alla Nueva Condomina, lo stadio del Real Murcia. La Spagna vinse 1-0, io facevo il raccattapalle e nella Bosnia giocava Edin. Gliel’ho raccontato l’anno scorso. È stata una bella coincidenza ritrovarlo poi come compagno di squadra tanti anni dopo”.

Quando hai realizzato che avresti potuto diventare un calciatore professionista?
“Non c’è stato un momento in particolare e nemmeno un passaggio in cui ho cambiato il mio atteggiamento nei confronti del calcio o degli allenamenti. Mi è sempre piaciuto tantissimo e  il mio sogno è stato sempre quello quello di diventare un calciatore di prima divisione. La voglia è uguale da quando avevo 4 anni fino a quando sono entrato nel settore giovanile dell’Elche. Più andavo avanti e più sentivo l’obiettivo vicino”.

Hai sempre giocato da centrocampista?
“Nel primo anno al Murcia giocavo come punta, poi mi hanno fatto giocare una partita come centrocampista, mi è piaciutomoltoo ed è diventato il mio ruolo preferito”.

Ti piaceva guardare il calcio in TV?
“Sì guardavo tante partite con la mia famiglia, ovviamente seguivo la Liga e la nazionale. Gli Europei vinti nel 2008 non li ricordo bene, ma poi i Mondiali del 2010 e ancora gli Europei del 2012 li ho vissuti come un’emozione incredibile”.

Da bambino chi era il tuo idolo?
“È sempre stato  Iniesta. Sono cresciuto guardando le partite del Barcellona di Pep Guardiola, che vinceva tutto e da centrocampista ho sempre studiato Iniesta. Anche oggi, prima o dopo le partite mi piace guardare i suoi video su YouTube oltre a quelli di altri campioni come Zidane o Xavi”.

Al di fuori dal calcio hai altri idoli?
“Rafa Nadal. Probabilmente è il mio idolo numero 1, il modello a cui mi sipiro. Anche nei momenti di difficoltà è stato sempre forte con la testa. Nel tennis come nel calcio si attraversano dei periodi negativi e la cosa più importante è sempre essere forti mentalmente, per questo lo prendo come esempio”.

Il passaggio dal Real Murcia all’Elche.
“Sono arrivato lì a 15 anni e ci ho giocato per due stagioni. Poi sono stato per 3 anni al Valencia prima di tornare all’Elche. Riuscire a debuttare in prima squadra è stato emozionante anche se si trattava della Serie B. L’Elche non è la squadra della mia città ma la porto nel cuore. Anche nel momento negativo in cui il Valencia mi ha lasciato andare, loro hanno accolto il mio ritorno a braccia aperte, era ormai diventata la mia casa”.

Con il Valencia non è finita bene?
“Nei tre anni lì sono stato felice.. La conclusione del rapporto è stata particolare per alcune dinamiche lontane dal campo. È stata un’estate difficile per me e per la mia famiglia e non mi piace ripensarci. Come detto, all’Elche mi accolto di nuovo e alla fine mi sono ritrovato qui dove sono”.

@ getty images

Quando ha saputo dell’interessamento della Roma?
“È stato intorno al 10 dicembre 2019. Sono venuti i miei procuratori a casa e mi hanno detto semplicemente questo: ‘Gonzalo, vai a firmare per la Roma’. Ero sorpresissimo ma non avrei potuto essere più felice. So quello di cui sono capace e conosco le mie qualità, ma non capita spesso di passare da una squadra di Serie B a una che lotta che per la zona Champions”.

È stata una decisione rapida?
“In realtà c’era anche l’interessamento del Valencia, per cui, insieme con la mia famiglia, abbiamo preso un po’ di tempo per pensarci, ma l’interesse mostrato dalla Roma e da mister Fonseca mi hanno convinto e lavoro ogni giorno per dimostrargli che hanno fatto la scelta giusta”.

Che idea avevi della Roma?
“Il ricordo più fresco era quello della remontada sul Barcellona nel 2018. Ho visto quella partita insieme a due amici che tifano Barça, è stata una partita davvero incredibile. Io la guardavo da neutrale, ma poi mi ha coinvolto totalmente e, anche per fare arrabbiare i mei due amici, ho concluso la serata gridando ‘Manolas! Manolas!’. Mi sono divertito molto”.

Com’è stato il trasferimento dalla Spagna all’Italia?
“Ancora non lo so, non si può prendere questo anno come riferimento. Praticamente ho vissuto solo un mese di normalità e poi è iniziata situazione legata al Covid che sembra non finire mai. È dura vivere con il pensiero che tu o uno dei tuoi compagni possa risultare positivo nei tanti test a cui ci siamo sottoposti”.

Dal tuo arrivo non hai ancora potuto giocare davanti al pubblico dell’Olimpico…
“È vero, tutte le mie 4 presenze prima del lockdown sono arrivate in trasferta. Non ho ancora avuto modo di giocare in casa con i nostri tifosi e questa è una cosa che sto aspettando con tutto il cuore”.

Le persone più importanti per la tua carriera?
“La mia famiglia. Sono molto esigenti con me, come lo sono io stesso. Soprattutto mio padre, quando capita che non giochi bene me lo fa notare sempre, vuole il meglio per me e sa quanto sono in grado di dare. Mi dispiace tantissimo che non possano venire a vedere le mie partite adesso. Non ho problemi a vivere da solo, ma l’idea di non poterli andare a trovare in Spagna o di non poterli fare venire a Roma è molto difficile per me. È veramente un’annata fuori dal normale”.

Su Twitter spesso posti foto mentre stai studiando per l’università…
“Sì, studio Economia e a breve inizierà la prossima sessione di esami. Ne devo dare 5, infatti ultimamente ho diminuito le partite alla PlayStation per studiare di più. Non studio da solo ma insieme al mio migliore amico, Aitor Bunuel. È un calciatore anche lui e gioca nell’Almeria. Anche se a distanza ci diamo una mano, ci mettiamo pressione a vicenda. Anche gli esami ovviamente sono tutti a distanza e orali”.

Hai detto che Fonseca è stato importante per la tua scelta: che tipo di allenatore è?
“Mi ha confermato le impressioni positive che ho avuto dopo averci parlato per la prima volta. Mi ha spiegato i motivi per cui gli piacevo e una volta arrivato qui mi ha sempre chiesto di sfruttare al massimo le mie caratteristiche. Sto cercando di fare sempre meglio in allenamento per giocare il più possibile”.

Esultanza Roma (Getty Images)

Come stai vivendo il momento buono della squadra?
“Stiamo giocando bene, stiamo vincendo tante partite e stiamo portando la Roma nelle posizioni in cui deve essere, in lotta per il vertice e per la Champions League. Non possiamo accontentarci di un piazzamento in Europa League. Noi dobbiamo essere tra le prime squadre e a fine stagione non si sa mai cosa potrà succedere”.

Quanto aiuta avere quattro compagni di squadra spagnoli?
“Rende tutto più facile, siamo contenti, facciamo gruppo bene, peccato però che non possiamo vederci anche al di fuori dell’allenamento e delle partite vista la situazione”.

Che effetto ti fa giocare con Pedro?
“È un cosa incredibile. L’ho seguito sin da quando è arrivato in prima squadra nel Barcellona e ora sto giocando con lui, che ha vinto tutto, un campione del Mondo e d’Europa. Un calciatore straordinario. Averlo come compagno è davvero un privilegio, oltre tutto è anche una persona fantastica. Non si ferma mai, si allena sempre in maniera dura ed è un esempio per noi”.

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Carmine Caruso

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Carmine Caruso

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