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Javier Pastore (Getty Images)

Dopo il triplice fischio di Fiorentina-Roma, ipotizzare un post-partita peggiore della vergognosa gara disputata dai giallorossi era praticamente impossibile, eppure dirigenti e allenatore sono riusciti a stupirci di nuovo, ovviamente in negativo. Al nulla cosmico visto in campo ha fatto seguito un vuoto abissale nelle dichiarazioni e nelle non decisioni arrivate a bocce ferme. Al peggio non c’è mai fine, recitava il vecchio adagio, e visto l’andazzo intrapreso ieri, solamente il più inguaribile degli ottimisti può pensare ad un riscatto immediato nello scontro diretto contro il Milan.

Milan che, al contrario di noi, ha liquidato senza troppi problemi il Napoli, nettamente più forte della Fiorentina, grazie al migliore acquisto di tutto il mercato invernale della Serie A: Piatek. Lo stesso mercato che vede immobile la Roma. In molti si chiedono come sia possibile non avere soldi nemmeno per sognare un prestito con obbligo di riscatto, quando sei mesi fa alcuni, su giornali, radio e social, sostenevano a gran voce che i soldi incassati a mercato estivo chiuso per Strootman erano destinati a finanziare un grande colpo a gennaio. Qui l’unico colpo visto è quello che ci hanno fatto prendere dopo l’ennesima, vergognosa, indecorosa e vigliacca figuraccia della stagione. Dire che il mercato è chiuso in entrata dopo la figura di merda di ieri, significa non capire le esigenze della squadra e gli umori della gente.

Monchi

I soldi c’erano, ma sono stati buttati

Dire che non ci sono soldi vuol dire consegnarsi alla condanna senza appello. A fine primo tempo, ieri Di Francesco ha tolto dal campo ben 51,35 milioni di euro letteralmente cestinati, senza contare i lauti ingaggi elargiti ai due calciatori in questione. Arrivato come fiore all’occhiello della campagna estiva, Pastore si è ben presto trasformato in pecora, pascolando per il campo insieme a quei compagni che avrebbe dovuto guidare tenendo fede al suo cognome. Questo si aspettavano in molti (non il sottoscritto) da un acquisto da 24,7 milioni di euro e 3,5 milioni di ingaggio che ha fatto saltare l’arrivo di un giocatore vero, duttile e ben più giovane come Hakim Ziyech. Monchi era innamorato del fantasista dell’Ajax e aveva chiuso l’accordo con il giocatore. Era lui la prima scelta del direttore sportivo che ha sicuramente sbagliato nell’ascoltare la voce “italiana” della dirigenza, pronta a scommettere sulla rinascita del Flaco. Più di Pastore è costato Steven Nzonzi. Il francese ha fatto sicuramente meglio rispetto all’argentino, ma sin qui non ha giustificato la spesa fatta. Spesso apatico e inutile in fase di costruzione, il campione del Mondo non è riuscito nemmeno a garantire lo schermo davanti alla difesa che ci si attendeva da lui. I soldi c’erano, cari miei, ma sono stati spesi male, anzi malissimo.

Eusebio Di Francesco ©Getty Images

Di Francesco primo responsabile

Le grandi responsabilità di proprietà e dirigenza non devono tuttavia costituire un alibi per Eusebio Di Francesco. In qualità di guida tecnica, resta comunque lui il primo responsabile del vomitevole spettacolo offerto dalla Roma in campo. Per troppo tempo, mister “il mio calcio” ha campato di rendita sul 3-0 contro il Barcellona, utilizzato dai suoi estimatori come roccaforte in cui rifugiarsi nei momenti più oscuri. L’ex allenatore del Sassuolo ha sbagliato tutto quello che si poteva sbagliare, sia a livello di scelte iniziali e a partite in corso, sia a livello di gestione di un gruppo che anche ieri ha mostrato segni di isteria collettiva, rappresentata dal vergognoso atteggiamento di Edin Dzeko contro Bryan Cristante. Dopo aver collezionato alcuni record negativi mai visti prima nella storia della Roma, un tecnico che si è sempre professato romanista avrebbe dovuto farsi da parte, come fece Ranieri dopo la sconfitta contro il Genoa. Un’inversione di rotta immediata era auspicabile e necessaria, ma per farla al timone servirebbero uomini forti e decisi… Svejateve ora! Svejateve tutti!

Daniele Trecca

Laureato in Lettere dopo aver frequentato il liceo scientifico-informatico, dal 2008 ho finalmente trovato la mia dimensione, intraprendendo il primo di numerosi step nel mio percorso professionale. L’attività di giornalista mi ha consentito di abbinare due delle mie più grandi passioni: il calcio e la scrittura. Specializzato nel calciomercato, negli anni ho coltivato una passione smisurata per il calcio sudamericano e per quello brasiliano in particolare. Da circa un decennio, seguo la Roma nelle partite casalinghe allo Stadio Olimpico, ma anche in alcune trasferte europee, come quella indimenticabile a Tirana.

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