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Roma, Di Francesco ammette: “Responsabile di questa figuraccia”

Eusebio Di Francesco ©Getty Images

Eusebio Di Francesco non cerca scuse dopo la sconfitta contro il Bologna, e ci mancherebbe. La sua Roma è stata troppo brutta, un atteggiamento in campo ingiustificabile. Le colpe non sono evidentemente tutte sue, visto che sono i calciatori ad andare in campo, ma sono ormai troppe partite che le sue scelte di formazione non convincono. Ecco le parole del mister riportate anche dal sito ufficiale della Roma.

Siete in una crisi di risultati e di gioco: perché?

“Se avessi la spiegazione la darei. Il lavoro paga, tutti cerchiamo di trovare le soluzioni e io devo farlo internamente, finora non ci sono riuscito e mi sento tra i responsabili. Alla fine parliamo sempre di numeri e poco di atteggiamenti, di fuoco dentro. Se contro il Bologna hai il 72% di possesso palla vuol dire che il problema non è la filosofia, ma che ti manca qualcosa nell’uno contro uno, nel cercare la superiorità numerica: quando perdi tutti i contrasti avendo tre volte di più il pallone è solo demerito tuo. Se non concretizzi certe occasioni, ti manca qualcosa. Non sono abituato a cercare alibi, ma devo solo trovare soluzioni. Non so dirvi ancora cosa farò a livello di sistema di gioco, perché devo cercare più uomini giusti che calciatori giusti”.

Quanto durerà questa fase di crescita di cui ha bisogno la squadra?
“Deve finire prima possibile. I contrasti non sono tattici, sono la voglia di mettere il piede con maggiore cattiveria: è una cosa che un calciatore deve avere dentro. Ora potrei dire tante cose condivisibili o meno, ma ho il desiderio di cambiare rotta. A Milano abbiamo preso il gol nel finale con leggerezza, quando nel secondo tempo sembravamo vicini a vincere la partita. Oggi abbiamo sbagliato gol da un metro. Abbiamo fatto 280 cross da 25 metri, quando hai solo Edin Dzeko che può prendere quelle palle: è una cosa che non voglio. I ragazzi sono presi dal desiderio di far gol e perdono la lucidità per fare le cose che proviamo in settimana. Le risposte che ho avuto mi porteranno a cambiare, a mente fredda troverò la soluzione giusta. Un dato di fatto c’è: la squadra ha poca solidità difensiva, cosa che ci sta facendo fare queste figuracce”.

Cosa manca alla sua squadra?

“Nel calcio serve continuità. Io quest’anno paradossalmente ho avuto ancora più tempo per lavorare con i ragazzi e questa cosa mi fa diventare matto, su certi meccanismi offensivi e difensivi ci abbiamo lavorato tantissimo, ma non riusciamo a interpretarli come vorremo. Per questo nella mia testa c’è la voglia di cambiare qualcosa. È inevitabile: non posso accettare certe situazioni, stando fermo. Oggi ho scelto Marcano, per esempio, perché quando hai tante partite pochi giorni è impossibile giocare con gli stessi. L’anno scorso ne cambiavo sei a partita e andavamo tutti nella stessa direzione, recuperavamo tanti palloni davanti, tutte cose per le quali se non scatta qualcosa in più dentro si fa fatica a ripeterle”.

Forse il problema è proprio quando la palla è in possesso degli avversari?
“Condivido pienamente, è quello che fa la differenza. Nel parlare di calcio il difensore deve sempre essere pessimista, la palla si può perdere sempre, nella fase preventiva siamo stati troppo lenti oggi, troppo in ritardo. Loro avevano solo il desiderio di ripartire e non ci possiamo permettere di perdere certi palloni nell’area di rigore avversaria. Non possiamo permettercelo, perché i dati di oggi ci condannano e mi condannano: possiamo solo stare zitti e pedalare”.

Francesco Del Vecchio

Laureato in “Teorie della prassi cognitiva e comunicativa” con tesi di critica letteraria dal titolo “Uno, nessuno e centomila Federico De Roberto. Una lettura girardiana”, non ho resistito al richiamo del pallone. Cresciuto a pane, Subbuteo e Championship Manager, unisco la passione per la scrittura a quella per il calcio. Ho iniziato a lavorare su Internet ancor prima che nascesse Facebook, ma sono meno conosciuto di Mark Zuckerberg: meglio così, sono un tipo riservato.

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Francesco Del Vecchio

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