Una conferenza stampa sofferta, quella di Monchi. Che a volte sembrava quasi addolorato nel dare le risposte alle tante domande, anche di calciomercato, dei giornalisti. L’irrinunciabile offerta di 75 milioni di euro fatta dal Liverpool e la responsabilità ora di reinvestire parte di quei soldi per consegnare a Di Francesco una Roma se possibile più competitiva di quella dello scorso anno pesano come un macigno. Per i tifosi della Roma c’è quanto meno la soddisfazione di intravedere, nella tensione di Monchi, la volontà di dare loro una gioia e di tornare finalmente a vincere, nonostante tutto.
Monchi ha prima di tutto presentato con poche parole uno dei nuovi acquisti di questo calciomercato estivo, Justin Kluivert, senza dubbio tra i più attesi dai tifosi.
“Justin è un acquisto importante per la Società. Abbiamo preso un giocatore forte per il presente e fortissimo per il futuro. Ha una qualità immensa e sono convinto che diventerà un giocatore importante per il futuro della Roma”.
Quanto è stato difficile portarlo a Roma?
“Non è stata una trattativa facile. Un giocatore così, con questa prospettiva era cercato da tanti. Quando si trova la volontà del calciatore di venire qui, tutto diventa più facile. Nel primo appuntamento avuto con lui, è stato importante per fargli capire che la Roma sarebbe stato il posto ideale per il suo percorso”.
Poi inevitabilmente arriva la domanda su Alisson
“Per prima cosa vorrei dire che non c’è nulla di chiuso fino a ora: Alisson è a Liverpool, siamo in una fase molto avanzata ma l’affare non è ancora chiuso. Se tutto procederà, si chiuderà presto. Il lavoro di un direttore sportivo non è solo di comprare un giocatore ma anche di capire in ogni momento qual è il meglio per la società. Per la società conta anche l’aspetto economico non solo quello sportivo. È arrivata un’offerta fuori mercato, molto importante. Abbiamo valutato i pro e i contro e alla fine abbiamo scelto di parlare con il Liverpool per trovare l’accordo. È un messaggio di mancanza di ambizione? Per me no, l’ambizione resta allo stesso livello. Abbiamo venduto due importanti giocatori, Radja e Alisson, ma abbiamo preso 10 giocatori e anche molto presto. Continuiamo a lavorare per trovare calciatori per essere una squadra importante. Cos’è l’ambizione? Per me è fare le cose con la testa, senza la testa esplode tutto. Non voglio fare cose che mettano in difficoltà questa società. Abbiamo esempi recenti di squadre importanti di questo paese che sono fallite, di squadre storicamente importantissime italiane che non possono giocare in Europa o che hanno limiti nel comporre la rosa per decisione della UEFA. Sono arrivato qui per provare a fare la squadra più forte possibile e non solo per un anno ma per tanti anni. Sono convinto al 100% di poterlo fare. Ma prima di arrivare al decimo piano ci sono tutti i piani inferiori. L’anno scorso in questo momento si dicevano le stesse cose su Salah, Rudiger e Paredes. Poi abbiamo fatto la miglior stagione degli ultimi 10 anni, arrivando terzi e in semifinale di Champions. È bello parlare di ambizioni, ma ambizioni con la testa. Alisson è fortissimo, forse il più forte portiere del mondo. L’anno scorso in questo momento si diceva che con la cessione di Szczesny sarebbe finito il mondo. Anche Alisson ha dovuto completare un percorso nel tempo. So che il tempo per i tifosi non esiste, ma a volte anche le società hanno bisogno di tempo”.
Olsen è un profilo che le piace?
“È una possibilità, ma non l’unica. Stiamo lavorando con tranquillità e senza fretta. È meglio trovare le condizioni economiche migliori per la società piuttosto che fare scelta sotto pressione per la cessione di Alisson. La pressione più dura che devo sopportare è quella che faccio io su me stesso”.
Il fermento dei tifosi mette un po’ di pressione in vista delle prossime operazioni di mercato? Olsen e Malcom renderebbero la Roma altamente competitiva?
“Non credo che si possa trovare un direttore sportivo più vicino al pensiero dei tifosi rispetto a me. A volte divento anche troppo tifoso. Ma devo prendere decisioni per quello che è meglio per la società. Oggi forse una parte dei tifosi è arrabbiata, ma sappiamo che i tifosi sono tutti contenti quando vince la Roma. Questo è il mio lavoro, trovare la strada per ottenere una squadra il più forte possibile e per rendere felici i tifosi. Mi metto nella loro testa, so che sono stanchi delle parole, ma Roma non è stata costruita in un giorno. Sono qui da 14 mesi. Oggi stiamo presentando Justin, qualcuno di voi tre mesi fa avrà pensato: ‘Come fate a prendere Kluivert se lo vogliono tutti?’, ma è qui e lo stesso vale per Pastore. Non si deve parlare solo delle vendite ma anche degli acquisti. Ricevo tanti messaggi di complimenti, non per la vendita, a me non piace vendere i giocatori, ma per la squadra che stiamo costruendo. Rimangono qui dei giocatori importanti, compresi quelli che l’anno scorso hanno avuto una stagione di transizione ma quest’anno saranno più forti. Avere Justin, Pastore, Cristante e altri giocatori che arriveranno è importante. Ne arriveranno altri, mancano 28 giorni. In testa ho delle cose che mi fanno ben sperare”.
Vista la rapidità della trattativa per Alisson, quanto è stata importante la volontà del giocatore? C’è stato un momento in cui ha pensato di poterlo tenere?
“Posso solo avere parole di ringraziamento per Alisson, non ho mai sentito la sua pressione per andare via. Se ha accettato l’offerta del Liverpool è perché era d’accordo. Il suo comportamento nei miei confronti è stato da dieci. Nel lavoro del direttore sportivo bisogna capire il prima possibile quello che succederà. Quando si iniziano a sentire voci sul Real Madrid, Chelsea, Liverpool si può fingere che non succeda niente e andare avanti, o capire che qualcosa possa succedere e lavorare per trovare la soluzione migliore per la mia Società. Poi, una volta dico che la Roma non è un supermercato e una volta che se Alisson se ne va mi metto in porta io. Potreste pensare che dica cose senza senso, ma lo faccio perché penso che sia la cosa migliore per la Roma. Se non dico che il cavallo parla, non lo venderò mai. A volte devo fare delle cose che non vengono capite, ma lo faccio sempre per il bene della società. Quando arrivano club forti economicamente, bisogna iniziare a capire che qualcosa potrebbe succedere”.
Il mercato della Roma sarebbe stato lo stesso senza la prospettiva della cessione di Alisson?
“Il mio modo di lavorare porta a cercare di avere la rosa completa il più presto possibile, così l’allenatore può lavorarci di più. Anche conoscendo Di Francesco, questo era un obiettivo importante. Non sarebbe cambiato nulla”.
Nzonzi potrebbe essere un obiettivo?
“Per prima cosa gli faccio i complimenti per il Mondiale. Tutti sanno che è un giocatore che mi piace, lo portai al Siviglia. Non è un obiettivo reale”.
La Roma è la seconda forza del campionato o almeno al livello di Napoli e Inter?
“Sulla carta tutti siamo forti, poi bisogna competere. L’anno scorso di parlava di una squadra che stava facendo un grandissimo mercato, ma poi non è andata bene. Non cambia dire prima, seconda o terza, il mio obiettivo è realizzare la squadra più forte possibile. Abbiamo il vantaggio di avere uno dei più grandi allenatori del calcio italiano. Abbiamo uno spogliatoio, pulito, forte, con la testa e con ambizione. Abbiamo uno spirito di lavoro collettivo in tutta la società importante. Sembra una cosa filosofica ma è fondamentale: se tutti vanno nella stessa direzione è più facile arrivare all’obiettivo”.
Come si combatte il rischio che questi giovani possano non avere il tempo di dimostrare il proprio valore?
“Capisco che la parola tempo è difficile da usare in questa sala conferenze. Arriva un direttore sportivo dalla Spagna e un tifoso della Roma che non vince da tanto potrebbe dirgli di tornarsene a Siviglia. Io sono qui da 14 mesi e non posso fare nulla se la Roma non vince da anni. Chiedo tempo, ma so che il tempo non esiste ma ce n’è bisogno. Sono arrivato da 14 mesi e siamo arrivati in semifinale di Champions ma un po’ di fiducia la merita. So che sono tutti stanchi delle parole e che tutti vogliono vincere. Metto la faccia sempre, sono sempre convinto al 100%. Poi se dopo qualche anno non ho vinto niente, prendo l’aereo e me ne vado. Nessuno dimentichi che anche io sono un tifoso, prima che direttore sportivo”.
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