Dzeko si confessa: “Gli insulti fanno male, siamo esseri umani”. E sui tifosi…

Edin Dzeko
Edin Dzeko ©Getty Images

NOTIZIE AS ROMA DICHIARAZIONI DZEKO – L’attaccante giallorosso Edin Dzeko ha parlato a ‘The Guardian’ a poche ore dalla sfida di Champions League contro il Chelsea, partita che per lui sarà la numero 100 con la maglia della Roma.

Le dichiarazioni

“In ogni partita, l’importante non è contro chi giochiamo o per chi giochiamo. Voglio soltanto segnare, voglio che la mia squadra segni per vincere la gara. Ogni partita do sempre il mio meglio. In ogni singola partita”.

Poi parla dei tifosi
So che le persone criticano quando giochiamo male, questo fa parte del lavoro e per me non è un problema. Il problema sono gli insulti, quella è la cosa che fa più male. Questo è il tempo dei social, ognuno ha la possibilità di dire pubblicamente cosa pensa. Non importa quanto illogica o stupida sia la cosa che ha da dire. Tutti possono avere un’opinione, tutti possono insultarti perché non hai segnato o perché non hai giocato bene. Le persone pensano che a loro importi più che a me, ma questo non è vero. Non è mai facile leggere titoli come questi, sentire i tifosi urlare certe cose. Sai di essere meglio di così, di poter giocare molto meglio, ma a volte è difficile cambiare le cose. Le persone non capiscono che anche noi siamo esseri umani, che abbiamo problemi come tutti quanti.

Il bosniaco racconta i suoi primi passi in Bosnia
Non credo di poter dire di aver avuto un’infanzia normale. Sono cresciuto in Bosnia negli anni ’90, un periodo che io chiamo di sopravvivenza. Ero un bambino quando è scoppiata la guerra e non ero consapevole di molte cose, ma la guerra ti fa crescere più velocemente, ti forza a imparare cose che non dovresti mai imparare e ti fa vivere diversamente.
Ho sempre amato il calcio, non potevo respirare senza, anche durante la guerra, ma non ho mai pensato di poter diventare un campione. Certo, tutti sogniamo di fare grandi cose, di giocare per le grandi squadre, ma volevo giocare a calcio per l’amore che provo per questo sport. Un amore e una passione che provo ancora. Mi piace il gioco, mi piace guardarlo, mi piace leggerne, parlarne e soprattutto giocarlo. È stato il mio primo amore ed è per questo che non mi vedo come una stella. Semplicemente, mi vedo come una persona fortunata. L’unico momento in cui parlo della guerra è quando parlo con giornalisti stranieri. Non ne parlo mai con la mia famiglia, mia moglie, i miei genitori o mia sorella. La ricordo benissimo e non vedo il motivo di farlo. È qualcosa che mi sono lasciato alle spalle tanto tempo fa. È stata un’esperienza terribile, ci ha cambiato tutti, a prescindere dall’età che avevamo all’epoca. Ma quando è finita, tutti abbiamo provato ad andare avanti. Durante quei tre anni tutti, anche i bambini, sognavano di avere una vita normale, per cui quando è finita abbiamo provato a fare soltanto questo. Comunque, quando le cose vanno male, ripenso a tutto quello che io e la mia famiglia abbiamo passato. Prendiamo il calcio, per esempio. Odio perdere, odio non sfruttare le occasioni, ma certe cose accadono nel calcio. Poi ti siedi, pensi a quanto di brutto hai passato nella vita, al periodo in cui non avevi nulla da mangiare o bere, non avevi vestiti normali da indossare, sia te che le persone attorno. E poi vedi le cose ora. Le cose belle. È strano usare la parola positivo in questo contesto, ma se c’è una cosa positiva è che ora siamo consapevoli che c’è sempre qualcosa di peggio nella vita. E noi l’abbiamo vissuto in prima persona.

Su Roma
Nulla è paragonabile a Roma. Nulla. Qui le persone sono malate di calcio, malate in un senso positivo. Le aspettative erano grandi in Germania, lo erano ancora di più in Inghilterra, ma nulla si avvicina a Roma. È una città speciale, con un legame speciale con la squadra. A Manchester potevo andare a cena fuori o a fare una passeggiata, qui le persone mi fermerebbero sempre per chiedermi una foto. A Roma per me è impossibile camminare normalmente in città. Sono appassionati, amano la loro squadra e i loro calciatori, l’attenzione è enorme. E questa attenzione, questa passione, aumenta le aspettative e la pressione. Ma non lo dico in un senso negativo. Adoro come le cose vanno qua, perché la passione e l’amore sono i sentimenti che dovrebbero mandare avanti il calcio.

Sul Manchester City
Amo Manchester, davvero. È una città carina con gente carina e sono stato davvero bene li. Alcuni dei miei ricordi più belli sono legati a Manchester, alla squadra campione d’Inghilterra e al quel match pazzesco con il QPR. Era speciale giocare contro il Manchester United. Amo le sensazioni del derby, la pressione e l’atmosfera intorno. E ho anche fatto qualche bella partita li, non è vero? Amo le rivalità, mi ricorda la mia infanzia, quando mi preparavo per il derby di Sarajevo.

Sul Chelsea
È davvero una grande squadra. Guardo la Premier ogni settimana. Mi hanno impressionato nella scorsa stagione. Conte gli ha dato un’altra dimensione, direi una dimensione italiana. Hanno dei fantastici giocatori che sono un piacere da guardare e nessuna squadra può dire di poter andare a Stamford Bridge e batterli facilmente. È una delle squadre favorite in Champions League

Le ambizioni della Roma in Champions
Beh, noi non siamo in Champions League per vincere. Abbiamo diversi obiettivi, primo tra tutti superare la fase a gironi.

Sul futuro
Non penso mai a cosa farò quando smetterò di giocare. Ho 3 anni di contratto e non penso che sarà il mio ultimo. Voglio solo divertirmi. Voglio solo segnare dei gol. E vincere. Finché sarà possibile.

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