(F. Balzani) Ai Pooh bastava «solo un minuto», a Totti è stata data mezz’ora per riprendersi (a 39 anni) gli applausi dell’Olimpico e riaprire il dibattito sul suo impiego dal primo minuto. Mezz’ora finale, su per giù lo stesso tempo che veniva concesso a partita ad Altafini alla Juve quando il brasiliano era a fine carriera ma diventò fondamentale con 17 gol nella conquista di due scudetti (72-73 e 74-75). Mezz’ora, la durata dell’incontro con Pallotta a Piazza di Spagna l’undici dicembre scorso quando il capitano spiegò al presidente i problemi della Roma chiedendo di poter giocare almeno un’altra stagione in giallorosso.
Mezz’ora che contro il Frosinone è bastata a Francesco per mettere sui piedi di Pjanic la palla del 3-1, e non solo. Una dimostrazione di saggezza tattica e alta tecnica che però non nasconde l’affanno di Totti reduce da un grave infortunio e alle prese con una carta d’identità sempre più pesante. Per questo l’idea di impiegarlo mezz’ora a partita sta diventando qualcosa più di una suggestione. A farlo capire è stato anche Spalletti che di consigli sull’utilizzo del numero dieci ha dimostrato di non averne bisogno: «Ha giocato una buona mezz’ora, quando si abbassa è l’unico che non soffre il morso degli avversari. Quando gioca palla al piede e tra le linee è l’unico che non soffre questa situazione. Non ce ne sono altri del suo livello. Lui o Dzeko? Non si deve fare metterli a confronto. Nelle partite ci sono sviluppi per cui quello che fa Totti non può farlo Dzeko. L’età di Francesco non lo aiuta a fare 90’ e ora ho bisogno di gente che sta bene. Certe scelte sono state condizionate da questo».
Una gestione che potrebbe allungargli la carriera e convincere qualcuno dall’altra parte dell’Oceano ad allungargli il contratto beneficiando dell’unico effetto marketing che non conosce crisi.
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