(M. Pinci) – Un allenamento intenso, quasi interamente dedicato ad accorgimenti di tipo tattico. “Era ora”, è scappato a qualcuno, evidentemente poco contento del lavoro delle ultime settimane di cura Garcia. La Roma riscopre Luciano Spalletti così, nella tarda mattinata di ieri, dopo un volo di 11 ore e spicci, una trattativa lampo chiusa negli uffici di Miami del presidente Pallotta e il primo bagno (bagnetto…) di folla all’aeroporto di Fiumicino. «Ho sempre sperato di tornare», dice lui, sorridente.
È un viaggiatore che torna in un posto irriconoscibile. La squadra e i dirigenti, soprattutto le strutture: la Roma di oggi non somiglia a quella che aveva lasciato nel 2009 tra rabbia e delusione. Simile è forse lo stato d’animo dei calciatori, per questo come prima cosa l’allenatore ha fissato nuovi paletti: «Niente alibi, non voglio sentir parlare nessuno di problema fisico, la squadra che ho trovato sta bene, l’ho detto anche ai calciatori, è solo una questione di testa: se iniziamo a lavorare su questioni fisiche perdiamo la strada per il nostro futuro. Abbiamo poco spazio, bisogna tornare a vincere da subito». Idee chiarissime, al punto che appena sceso in campo non ha perso tempo: squadra divisa in due gruppi, lui a lavorare con gli attaccanti, iniziando a disegnare semplici schemi offensivi. I suoi collaboratori, Daniele Baldini e Marco Domenichini e a giorni può tornare pure Andreazzoli – dedicati invece ai difensori per impostare la fase di non possesso, iniziando a lavorare sulla linea, sui movimenti, sui sincronismi, sulle coppie. Poi una partitella con qualche indicazione utile per il futuro: 4-3-3 di base, Pjanic e Nainggolan a fare coppia in mezzo, Florenzi (che nel 2009, quando giocava nella Primavera, veniva impiegato in allenamento “alla Perrotta”) non più terzino ma in attacco. Abbastanza per riaccendere l’entusiasmo.
Per questo mentre la tv del club trasmetteva incessante repliche delle sue partite più belle, l’allenatore ha voluto dribblare i discorsi sulla rimonta alle prime della classe, riportando sulla terra dirigenti e tifosi: «Dobbiamo riguadagnarci il rispetto di tutti quelli che ci guardano. Sento fare troppi discorsi a troppa gente. Dobbiamo lavorare in maniera seria e far sì che poi il nostro lavoro determini una serie di possibilità future». Come a dire: se vogliamo lottare per il vertice dobbiamo prima meritarcelo in campo. Lo ha detto il tecnico anche ai calciatori, che ha conosciuto prima della presentazione ufficiale nello spogliatoio. Ha cercato i singoli, stringendo la mano a Maicon e Uçan, poi ha aspettato che finisse l’allenamento della mattina per salutare gli altri. Un saluto con Totti, dimenticando in un istante le discussioni successive alle dimissioni dal club giallorosso. Lo stesso con De Rossi, poi un abbraccio con Lobont e quello più caldo a De Sanctis, suo portiere all’Udinese più di dieci anni fa. Ha visitato il centro sportivo, s’è intrattenuto con i custodi che non vedeva da tempo. Un’immersione totale al punto da restare a dormire nella foresteria del club (la sua vecchia casa, all’Eur, è affittata).
Appena arrivato, sotto la pioggia che sembrava volergli ricordare che il cammino non sarà senza difficoltà, la firma sul contratto per 18 mesi (registrata poi in un bis davanti alle telecamere), subito dopo il pranzo con il ds Sabatini e il dg Baldissoni, utile per sfiorare l’argomento mercato: a Trigoria arriverà Diego Perotti dal Genoa, affare da chiudere in prestito con obbligo di riscatto per circa 12 milioni totali, poi un difensore. L’allenatore ha preso informazioni su Iturbe, ma il primo acquisto che chiede Spalletti è – con una punta di populismo – un altro: «Il nostro pubblico deve essere presente. Basta, si torna allo stadio». A dire il vero dalla curva, in “sciopero” da settembre, un’apertura al ritorno non è arrivata, anzi. Tanti sostenitori però sono pronti a rompere il fronte per salutare il ritorno in città del profeta delle 11 vittorie consecutive e delle coppe Italia 2007 e 2008, ultimi trofei festeggiati dalla Roma. Da domani, Spalletti proverà a riprendere quel filo, consapevole che a Trigoria, dopo i dubbi di un mese fa, ora tutti sembrano convinti: “È l’uomo giusto”.
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