(A. Austini) Un altro ritorno. Con i vantaggi e i rischi del caso: quello di Zeman è andato malissimo, stavolta chissà. Rudi Garcia saluta, Luciano Spalletti è pronto a riprendersi la panchina della Roma dopo oltre sei anni, due coppe Italia e una Supercoppa vinte, uno scudetto sfiorato (anzi, scippato) e due quarti di finale di Champions raggiunti alla guida dei giallorossi.
È la piega finale che ha preso un’altra lunghissima giornata di consultazioni, confronti, pareri discordanti e poi decisioni tra Miami e Trigoria. In America c’è Baldissoni con Pallotta, a Roma è rimasto Sabatini che, come ha ricordato a un tifoso, resta il primo «responsabile» delle scelte tecniche. In serata il segnale di svolta: a bordo di una macchina guidata dal suo vice Ricky Massara, il diesse ha imboccato l’A1 in direzione Firenze, con sosta temporanea a Perugia e poi ha incontrato, qualche chilometro più a nord, Spalletti, segnalato a Certaldo nell’ultimo weekend.
I due si conoscono da tempo, si stimano, hanno parlato diverse volte in questi anni, ieri per la prima volta lo hanno fatto per impostare concretamente un’avventura insieme. Almeno fino a giugno, perché il futuro di Sabatini resta in bilico. Per sua scelta. Con Spalletti, intanto, ha chiacchierato fino a notte piena per gettare le basi di un accordo lungo almeno una stagione e mezza, anche se il toscano vorrebbe un contratto fino al 2018, con stipendio vicino ai tre milioni netti. Il toscano, che a Natale stava per accettare una proposta dalla Cina, sarebbe disposto a portarsi dietro non più di uno-due collaboratori, uno è sicuramente il vice Domenichini con cui ha condiviso i suoi anni a Trigoria e poi le quattro stagioni di San Pietroburgo, un altro, il preparatore Franceschi, lo ritroverebbe nel centro sportivo giallorosso: un prezioso «tramite» per concordare il lavoro con i preparatori Norman e Lippie scelti da Pallotta. Totti e De Rossi i soli due «superstiti» della sua Roma, possibili alleati oppure giocatori da riconquistare a seconda di come si sono lasciati. Non è comunque una trattativa facile, i dubbi del club e dello stesso Spalletti sono forti o almeno lo erano fino a ieri sera, oggi scopriremo se la nuova scommessa reciproca verrà lanciata.
Sabatini ha tenuto in piedi altre due opzioni. E uno è l’allievo dell’altro. L’argentino Sampaoli piace molto al diesse, si è liberato dalla nazionale cilena ma a differenza del toscano avrebbe bisogno di un po’ di tempo per ambientarsi, capire, studiare. Il suo calcio affascina molto, come quello del «maestro» Bielsa, da sempre uno dei preferiti di Sabatini. L’ostacolo è il carattere fortissimo del «Loco», che si scontra con l’esigenza di ritrovare subito delle certezze.
Se fossimo a giugno, la scelta ricadrebbe probabilmente su uno dei due argentini per iniziare un nuovo ciclo, ora c’è una stagione da rimettere in piedi subito e la Roma è quasi costretta a prendere una via diversa, più sicura contando anche sul forte appeal che Spalletti ha mantenuto sulla piazza: un po’ d’entusiasmo non guasta.
E Garcia? Nell’imbarazzo generale, ieri il francese ha assistito alla premiazione del Pallone d’oro a Zurigo, come se nulla fosse. Ripartirà solo stamattina presto e da Trigoria fanno sapere che sarà lui a dirigere l’allenamento di oggi (prevista una doppia seduta). In realtà potrebbe toccare ad Alberto De Rossi, mentre Sabatini vuole parlare di persona col francese per comunicargli l’esito delle decisioni prese insieme a Pallotta e poi concedergli il saluto di una squadra che ha comunque guidato al secondo posto per due stagioni consecutive. Con Rudi andranno poi discussi i termini economici della separazione: forte di un contratto fino al 2018, gli spettano ancora quasi 7 milioni netti.
Ma la Roma spenta da due mesi è ora obbligata a caricarsi il costo di un altro allenatore per dare una scossa e guadagnare almeno un posto in Champions. Un’altra avventura è ai titoli di coda, la quarta dell’era americana, con l’amara presa di coscienza che costruire un progetto duraturo a Trigoria è una vera impresa.
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