(M. Pinci) Alla fine per provare a salvarsi ha rimesso il totem al centro del villaggio. Quando mancano 20 minuti alla fine di Roma-Milan la Roma è sparita, di testa e di gambe, concedendosi a un Milan pronto al colpo di grazia. È a quel punto che Rudi Garcia trova il modo di uscire indenne da un Olimpico pronto a mostrargli il pollice verso. Servirebbe un incantesimo per evitare l’inevitabile, e allora il francese, messe da parte le guasconate della vigilia, tenta il coup de théâtre: fuori il baby prodigio Sadiq, a cui stavolta il trucco è rimasto nel cilindro, dentro lui, l’unico nome ancora in grado di accendere quel che resta del tifo romanista. Francesco Totti. Sono passati 105 giorni dall’infortunio al flessore che senza strepiti o strilli ha fatto pure temere per la sua carriera: è fuori condizione, ha poco più di un quarto d’ora nelle gambe e miracoli non ne può proprio fare. Garcia lo sa, ma è Totti e tanto gli basta: il clima si scalda, la gente si calma almeno per qualche minuto, la Roma riemerge dopo 25 minuti di apnea, è innocua, come il suo capitano, ma almeno non affonda.
A 39 anni però è ancora a Totti che Garcia e la Roma tutta chiedono di salvare la nave dal mare di follia in cui naviga. Illusa di competere per il titolo senza accorgersi di essere sparita, sotto il sipario abituale degli insulti dell’Olimpico. Ce ne sarebbe abbastanza per trasformare la notte in un processo pubblico a Garcia e alla società, uno di quelli in cui la sentenza è già scritta. Il punto guadagnato consente però all’allenatore di restare appeso disperatamente alla panchina, in attesa della prossima sfuriata del presidente Pallotta, della prossima difesa d’ufficio di Sabatini. Certo le crepe nella gestione della squadra sono macroscopiche, e monsieur Rudi deve incassare la mozione di sfiducia del dg Baldissoni: «Più dei risultati ci preoccupa la fragilità che la squadra mostra, mettendo in evidenza incertezza e poca prepotenza». Per ora pensano a un tutor che si occupi della fase difensiva: un vice per esautorare Garcia senza cacciarlo. La rosa dei nomi ha tanti petali: Spalletti, Sampaoli, Bielsa. Nel caso in cui alla fine si decidesse di prendere davvero una decisione.
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