(E. Currò) – Il calcio italiano ha venduto l’anima alla televisione. Ma non gli è servito a niente. Se infatti gli stadi della serie A, ad eccezione dello Stadium juventino, continuano ad essere semivuoti e se resta impietoso il confronto con Bundesliga e Premier League, non è che i tifosi nel frattempo siano trasmigrati in salotto. Anzi, la somma dei telespettatori di Sky e Mediaset Premium rappresenta un pubblico in stallo, in molti casi di nicchia: nelle prime 17 giornate ci sono state ben 30 partite con meno di 43.210 telespettatori, cioè meno della media degli spettatori dal vivo della Bundesliga. Le gare con numeri da bar, sotto i 6 mila, sono state 4: 3.705 amatori hanno guardato Empoli-Chievo. E’ l’esito sconfortante dello studio dell’agenzia DMRZ sulla porzione di campionato archiviata con la sosta invernale.
LA TV PER POCHI – Crollano due falsi miti: quello del prodotto calcio che tira sempre, a dispetto della crisi economica, e quello degli stadi svuotati dalla tivù. I numeri delle due principali piattaforme a pagamento certificano la stagnazione. La partita più vista, Inter-Juventus, ha raccolto complessivamente 3.353.620 telespettatori e soltanto le prime 14 gare nella classifica dell’audience hanno saputo attirare più di 2 milioni di tifosi. Rende l’idea il parametro della Nazionale in chiaro sulla Rai: oltre 6 milioni per l’amichevole di novembre con la Romania. Perfino la svalutata Coppa Italia fa più audience: 5 milioni per il recente derby di Torino. L’esborso di Sky e Premium per l’esclusiva sulla serie A, vicino al miliardo, appare dunque spropositato, se si pensa alle 30 partite che non hanno interessato nemmeno 40 mila abbonati televisivi. L’effetto corazzata Potemkin di Empoli-Chievo e Frosinone- Carpi rimanda a Fantozzi e suscita interrogativi sul calendario dilatato a dismisura e sull’inflazione del prodotto. Spalmare le partite in giorni e orari diversi è deleterio: i turni infrasettimanali del 23 settembre e del 28 ottobre hanno dati da cineclub.
GLI STADI SPETTRALI – Non ci si può purtroppo consolare con le presenze allo stadio. La media settimanale di affluenza è di meno dell’1% di una popolazione di 60,7 milioni di abitanti. La percentuale media di riempimento conferma la tendenza: 57,9%. Il dato, già basso, è oltretutto falsato dal fenomeno, denunciato da Repubblica, degli spettatori fantasma a San Siro: Milan e Inter comunicano alla Lega di serie A cifre (paganti più abbonati) superiori alla realtà, attestata dai tornelli elettronici del Meazza, e chissà se sono le uniche. Il 90% di riempimento dello Juventus Stadium è un caso isolato. Se il Frosinone riempie il Matusa al 77% (ma la capienza è di 9.963 spettatori), il Milan è terzultimo col 43% (dato come detto pure gonfiato) e la Lazio addirittura ultima col 31%. Le due romane (la Roma è al 50%) scontano le diatribe con gli ultrà, però il colpo d’occhio è deprimente in generale. Sono soltanto 9 su 20 le squadre con una media di spettatori superiore ai 20 mila.
GLI ALTRI CAMPIONATI VOLANO – Lo studio della DMRZ affonda il coltello nella piaga attraverso il paragone con i 4 principali campionati d’Europa. In Bundesliga, per tacere dei pienoni del Bayern all’Allianz Arena, la squadra con la più bassa percentuale di riempimento dello stadio (il 64,60%) è l’Hertha Berlino: in serie A sarebbe la sesta e comunque per ogni sua partita all’Olympiastadion ci sono in media 48.155 persone. Il Magonza, dodicesimo della lista, ne porta quasi 30 mila, più della Fiorentina. In Premier League, dove il fresco boxing day ha offerto l’immagine di stadi zeppi di folla, la cenerentola è il WBA, che riempie il suo The Hawthorns soltanto, si fa per dire, al 79,70 per cento: tutti gli altri sono sopra l’80%. Va un po’ meglio il paragone con la Liga spagnola, dove i minuscoli stadi di Rayo, Getafe e Eibar abbassano la media, che per le prime sette dell’elenco capeggiato da Barça e Real non scende comunque sotto i 35 mila abbondanti del Siviglia. Anche la Ligue francese ormai riempie gli stadi più della serie A: 67,34%. Una vera débâcle.
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