(A. Angeloni) – Da dove si riparte, da quell’abbraccio spontaneo (non di tutti) rimediato in Roma-Genoa? Forse sì, questo è necessariamente un punto a favore (non ce ne sono tantissimi) di Rudi Garcia, che oggi tornerà nella sua sede di lavoro, Roma. Altri punti di ripartenza? Francesco Totti, ovviamente e più in là (se ci arriva…) a Strootman. Il francese per ora prova ad aggrapparsi almeno al capitano, che lo ha lasciato alla fine di settembre e, almeno lui, non è riuscito a dargli una mano.
APPESO A UN ACCORDO È strano il destino di un allenatore sfiduciato dall’ambiente e da un pezzo di dirigenza, mantenuto in vita (sportiva) solo da un contratto e dal peso economico che si porta dietro. Ma nonostante tutto, oggi Rudi metterà piede a Trigoria per le normali riunioni propedeutiche al riavvio del lavoro, che porterà la Roma fino al Chievo, 6 gennaio. Garcia tiene duro, domani lo rivedremo in campo in tuta da lavoro a dirigere le operazioni tecnico/tattiche (quelle fisiche ci pensa – dallo scorso giugno – Darcy Norman). La pistola è sempre puntata sulla tempia: come sbaglia, ecco il sostituto, individuato in Luciano Spalletti, che aspetta ma di certo non lo farà all’infinito.
I VENTI CONTRARI L’abbraccio, come detto, è stato un segnale. Qualche giocatore ancora lo apprezza, qualcun altro è spaventato dal futuro, da ciò che non si conosce e che magari potrà essere peggio di ciò che si ha. Una parte della dirigenza, per riconoscenza o per evitare sconquassi inopportuni in questo momento, forza la mano perché tutto resti così, previo rafforzamento della squadra, necessario per Garcia o per chi ne farà le veci. Rudi troverà giocatori stanchi e ancora disposti a lottare per lui, magari qualcun altro storcerà il naso nel ritrovarselo davanti. Ma ci sta, è così nelle migliori famiglie. Allenare da sopportato non è facile, ma Garcia vuole giocarsi il jolly: è consapevole di non essere l’unico responsabile e si augura che tutto possa ancora cambiare direzione. La sua Roma è sparita a gennaio di un anno fa e magari può risorgere dodici mesi dopo. Nessun dirigente , a parte Sabatini (con l’iperbole del sangue…) , ha confermato o sfiduciato l’allenatore. Ma tutti sanno che il suo futuro è appeso ai risultati. Se vince, ci abbracciamo (o si riabbracciano), se perde riparte la solfa e Pallotta, il presidente, è pronto al ribaltone, perché ha capito che due volte lo stesso errore non si può ripetere: a giugno lo ha confermato pur non credendoci più. Ormai bisogna aspettare la ripresa del campionato, e ricominciare con il solito refrain: se perde se ne va etc etc. Ma è normale? Pare di sì. Se si doveva cambiare, bisognava farlo prima di Natale, affinché alla ripresa degli allenamenti, i calciatori trovassero il nuovo condottiero, pronto con la bacchetta magica. Oggi c’è Garcia, che non sembra si sia trasformato in Houdini.
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