(M. Pinci) Si chiude all’Olimpico l’anno solare della Roma. E probabilmente l’avventura in Italia del tecnico Rudi Garcia, che proprio nel 2015 ha visto precipitare il consenso plebiscitario che aveva guadagnato da queste parti. Un anno maledetto per il francese e per la sua squadra, che così male in un anno solare non era mai andata, o quasi, negli ultimi dieci anni. Soprattutto in casa. Nel 2015 l’Olimpico ha smesso di essere un fattore per la Roma. I numeri dicono che lo stadio di casa è diventato quasi tabù: la miseria di 10 successi raccolti nelle 25 gare giocate davanti ai propri tifosi (o a quel che ne resta), rispetto al 2014 si sono dimezzati i successi e raddoppiate le sconfitte. Mai così male nell’era americana e da record sono anche i k.o. interni: addirittura 6, uno in più degli anni 2012 e 2013, quando è vero che giocò meno gare, 20, ma vinse anche di più, rispettivamente 13 e 12 volte, nonostante sulla panchina si fossero alternati Luis Enrique, Zeman e Andreazzoli. Più in generale, senza un successo contro il Genoa Garcia rischia di centrare il 2° peggior rendimento annuale degli ultimi 10 anni: 63 punti in 38 gare, uno score che negli ultimi 3 campionati non avrebbe mai portato oltre il 5° posto. Soltanto nel 2011, anno del cambio di proprietà, andò peggio, con 58 punti in 37 match.
Il successo sul Genoa è l’unica carta che ha Garcia per illudersi di restare sulla panchina giallorossa alla ripresa del campionato, il 6 gennaio a Verona contro il Chievo. Ma il destino pare scritto: la settimana buona per l’annuncio del nuovo tecnico sarà quella di Natale. La Roma ha due strade: riuscire a strappare una garanzia scritta per la prossima stagione a una delle due prime scelte, Conte o Emery, e affidarsi a un traghettatore condiviso magari con il tecnico di domani. Oppure virare con decisione su un profilo diverso, che rappresenti da subito il futuro. Spalletti o Bielsa. Non più Rudi Garcia.