(T. Carmellini) Di buono solo la qualificazione agli ottavi di finale di Champions League. Il resto è poca roba, ma soprattutto pochissima Roma. Garcia aveva annunciato undici lupi, una partita che come il derby non andava giocata ma vinta e invece, non solo la Roma non ha vinto contro i modesti bielorussi del Bate Borisov, ma ha anche rischiato di perderla se, nel momento della bambola (ormai un classico giallorosso) non avesse avuto uno Szczesny in grande serata: migliore dei suoi a paletti. Il bilancio è una squadra che va avanti nell’Europa che conta con soli sei punti (e scontri diretti col Bayer) e che dopo cinque anni di astinenza è di nuovo agli ottavi di finale. Ma anche una squadra che esce dallo stadio tra i fischi dei tifosi stufi di vedere una Roma così con il presidente Pallotta che a nel post-gara darà fuori di matto per l’atteggiamento ostico del popolo giallorosso. Garcia (che in carriera ha vinto 3 partite tra Roma e Lille delle 24 giocate in Champions: qualcosa vorrà pur dire) alla fine ringrazia l’uomo al quale ha soffiato il posto e che a Leverkusen col Barcellona ferma il Bayer e condanna i tedeschi all’Europa League. Ma è chiaro che da qui in avanti servirà un’altra Roma per non rimediare l’ennesima figuraccia internazionale. Perché nel sorteggio di lunedi a Nyon essere in seconda fascia vuol dire incontrare gente seria.
GERVINHO STOP
Che non sarebbe stata una serata di grazia si era intuito già dall’inizio. La partita non era nemmeno iniziata e Garcia aveva già perso un giocatore: Gervinho. O meglio, il tecnico aveva intenzione di farlo giocare, ma dato che in Champions non si possono fare provini di giocatori non inseriti nella formazione iniziale, l’ivoriano risultava tra gli undici titolari. Poi, dopo qualche minuto di prova, il «no» irreversibile con Iturbe che guadagna in extremis una maglia da titolare e l’ivoriano che si accomoda in tribuna.
PRIMO TEMPO STERILE
Un po’ meglio del nulla visto nelle ultime uscite, ma chi si aspettava una Roma col coltello tra i denti è rimasto deluso. Anche sotto gli occhi del presidente Pallotta la musica non cambia: tanto possesso palla ma una difficoltà incredibile a chiudere gli ultimi dieci metri. Il pallino del gioco è sempre nelle mani della squadra di Garcia che però non trova mai il guizzo per far girare la gara dalla sua parte e va all’intervallo tra i fischi.
RIPRESA ANCHE PEGGIO
Garcia non cambia, la Roma rientra così e la situazione non migliora. Anzi, la squadra col passare dei minuti inizia a sentire la fatica e, dopo l’ennesimo errore sotto porta di Dzeko (per lui tanto lavoro per la squadra ma grande involuzione in quello per il quale è stato pagato: fare gol), va in bambola. Ogni volta che i bielorussi affondano la Roma va in affanno, resta lì dietro terrorizzata, incapace di mostrare una reazione in grado di cambiare qualcosa. E un Olimpico così di certo non l’aiuta.
UNA ROMA SENZA TESTA
Il problema è che la squadra di Garcia non riesce più a segnare e, soprattutto in casa sembra aver paura: gioca letteralmente terrorizzata. Un trauma collettivo che palesa un problema di testa ma anche di gioco in un tourbillon nel quale molti protagonisti sono in preda a una sorta di involuzione tecnica. Difficile trovare un unico colpevole per uno stallo simile. Sì, probabilmente la squadra non ha la personalità necessaria per giocare a certi livelli, ma anche l’allenatore deve assumersi la sua parte di responsabilità: non riesce più a imporre il suo gioco e sembra incapace di cambiare. Quella contro il Bate Borisov doveva essere la partita della svolta, invece, nonostante una qualificazione che porterà nelle casse tanti soldi, rischia di diventare un altro passo incolore di una crisi senza fine. E già da domenica a Napoli servirà qualcosa di diverso per evitare altre brutte figure. Higuain non è Gordeichuk.
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