(U. Trani) Fischiata e bocciata dalla sua gente, anche a qualificazione ottenuta: mai successo prima. Il finale che non ti aspetti, proprio nella notte in cui la Roma torna dopo 5 anni tra le migliori 16 d’Europa. Arriva, però, agli ottavi di Champions andando al minimo, cioè raccoglie solo 6 punti come lo Zenit nel 2013 (unico caso prima di questo), chiudendo la fase a gironi con il primo 0 a 0 stagionale. Soffre, dunque, più del previsto nell’ultima gara contro il Bate Borisov e, non riuscendo a vincere, ringrazia ter Stegen. Il portiere tedesco del Barça, a Leverkusen, ferma sul pari il Bayer che, con il successo, avrebbe superato proprio sul traguardo i giallorossi. Che vanno avanti solo per il rigore trasformato da Pjanic nello scontro diretto con la squadra tedesca.
Pallotta, per la prima volta all’Olimpico dopo più di 9 mesi, passa la giornata peggiore da presidente giallorosso. Esce, però, dallo stadio con 13 milioni in più. Tanto vale la promozione agli ottavi. Ma il bostoniano dovrà chiedersi come mai la Roma non piace più alla gente che ormai diserta lo stadio: solo 6.415 paganti. Garcia, al quarto tentativo, riesce finalmente a superare la prima fase. Ma il suo bilancio in Champions è negativo: solo 4 vittorie in 24 partite, 1 a stagione.
C’è Gervinho, a sorpresa, nella formazione di partenza. La sua presenza è, però, virtuale. L’ivoriano non sta bene. Ma si sa da sabato pomeriggio a Torino: lì, a metà del primo tempo, si è fermato. Classica ricaduta muscolare al retto femorale. Eppure Garcia, convinto dal medico e dal preparatore atletico, decide che può essere titolare contro il Bate. La trovata dura meno del riscaldamento: la freccia nera si chiama fuori, senza nemmeno finire il lavoro pre-partita. Gioca Iturbe, come previsto, con Dzeko e Iago Falque. Cioè il tridente usato in corsa, dopo la resa dell’ivoriano, nell’ultimo turno di campionato.
La Roma, a prescindere da chi va in campo, stenta a prendersi l’iniziativa. E’ la conferma che non esiste il copione e ogni interprete va per conto suo. Mancano soprattutto il ritmo e il pressing. Senza intensità e aggressività, l’assetto giallorosso diventa prevedibile. Il 4-3-3 resta statico e al tempo stesso timido. In fase di non possesso palla, per non rischiare, ecco il 4-1-4-1, con De Rossi a proteggere la linea difensiva e con Iturbe e Iago Falque a sacrificarsi ai lati di Nainggolan e Pjanic. Il Bate, con il suo 4-2-3-1, non ha la forza per essere efficace e in alcune fasi sembra prendere tempo. Il pubblico dell’Olimpico, meno di 30 mila spettatori, perde la pazienza e, prima dell’intervallo, fischia Garcia e i giocatori. La prova è deludente, considerando anche lo spessore della formazione bielorussa che all’andata segnò addirittura 3 reti a Szczesny e festeggiò lo storico successo.
La Roma si sveglia all’inizio della ripresa. Dzeko, chiamato a gran voce da tifosi già alla mezz’ora della prima parte, ha due chance di fila. Su invito di Pjanic tira addosso al portiere Chernik e a seguire calcia sul fondo. Garcia, dopo un’ora, fa uscire Iturbe e dà spazio a Salah che, però, non si sente ancora sicuro. Scatta, ma evita i contrasti. Pjanic, salendo alle spalle di Dzeko nel 4-2-3-1, prova a dare coraggio ai compagni. Ma all’Olimpico il protagonista diventa Szczesny. Almeno quanto il collega Ter Stegen alla BayerArena. Splendida la parata del polacco su Gordeichuk e fondamentale anche l’altra su Mladenovic. La Roma, impaurita e lunga, è in tilt, nonostante le iniziative di Florenzi, Pjanic e Dzeko. La salva proprio il portiere escluso dopo le 6 reti prese al Camp Nou e la fisicità di Manolas. Florenzi sembra stanco, Digne è almeno prudente. De Rossi chiude la gara con la lingua di fuori. Uçan, dentro per Iago Falque, va a fare l’esterno a sinistra. Confusione tattica totale e equilibrio ormai perso. Ma almeno, dopo 20 partite, i giallorossi non prendono gol in Champions. Finisce prima a Roma che a Leverkusen. Quando lo speaker annuncia la qualificazione, la gente non esulta. Fischia più di prima. E fa arrabbiare Pallotta.
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