(S. Canettieri) – Lo stadio di Tor di Valle rimane congelato. Il progetto di Parnasi e Pallotta – una colata di cemento pari a quasi un milione di metri cubi su un’ansa del Tevere – continua a non vedere la luce. Solo a gennaio, dopo numerosi rinvii, dovrebbero arrivare le integrazioni richieste dalla Regione al Comune, che a sua volte le aspetta dalle imprese, e solo allora scatterebbero i sei mesi di tempo entro i quali dovrebbe partire la conferenza dei servizi. Un progetto così evanescente che anche al prefetto Franco Gabrielli, in una giornata ad alta tensione con il presidente giallorosso Jim Pallotta, è scappata una battuta rivelatrice: «Io al momento conosco solo lo stadio Olimpico, poi quello che sarà non appartiene ai miei orizzonti». Pallotta è in Italia, a Roma, per seguire da vicino le sorti del club giallorosso e, con l’occasione, tentare di cucire rapporti istituzionali. Con Gabrielli l’approccio continua a non essere dei migliori.
IL BOTTA E RISPOSTA – Il prefetto: «Non mi nego a nessuno e come dico, un po’ scherzando, ricevo cani e porci – ha spiegato l’ex numero della Protezione civile – ma a me non piace che si comunichino impegni con riferimento ad altri non fissati, è come se io dicessi che adesso mi devo vedere con Obama. È un incontro che molto probabilmente faremo al chilometro 102 della Cairo-Suez, così almeno gli daremo anche una valenza storica». Il presidente della Roma non la prende benissimo: «Io dovrei essere il cane o il porco? Perché se fossi il cane dovrei abbaiare, se fossi il porco dovrei grugnire». Segue grugnito, che però non piace al prefetto che così continua il match dialettico: «Spiace constatare che il presidente Pallotta, evidentemente non conoscitore della lingua, sia stato indotto in errore dai suoi uomini, perché quel che ho detto, in italiano, si chiama iperbole». La polemica si conclude con un appuntamento tra i due fissato per domani, anche se Gabrielli premette: «Basta reazioni scomposte, serve rispetto».
IN COMUNE 30 MINUTI – Per un incontro che s’ha da fare e si farà, ce n’è un altro che invece è saltato. Il numero uno della Roma ieri è andato in Campidoglio per presentarsi al commissario Francesco Paolo Tronca. All’ordine del giorno il progetto di Tor di Valle. Alla riunione – durata trenta minuti – non ha però partecipato l’ex prefetto di Milano («Aveva un altro impegno», dicono dal Comune). A ricevere la delegazione della Roma sono stati i tre sub commissari: Taucer (Urbanistica, Lavori pubblici ed Infrastrutture), Rolli (Polizia locale, personale, relazioni sindacali, avvocatura) e Panini D’Alba (Cultura, Turismo e Sport). Sullo sfondo rimangono ancora inalterati i nodi dell’operazione urbanistica, a cui si aggiungono le fragilità finanziarie dell’operazione e le criticità storiche dell’opera. Accanto a uno stadio più piccolo dell’Olimpico, sono previsti tre grattacieli alti fino a 220 metri più altri 15-16 edifici commerciali. Un colosso di cemento da quasi un milione di metri cubi (per gli ambientalisti è «un ecomostro»), posizionato per giunta in una zona classificata dall’Autorità di Bacino al massimo livello di pericolo idrogeologico, quindi a forte rischio inondazione. In più c’è la questione mobilità che avrebbe dovuto puntare sul prolungamento della metro a Tor di Valle attraverso una nuova biforcazione della linea B. L’idea è stata bocciata sia da Atac che dal Dipartimento Mobilità del Comune, dato che le corse dei treni si ridurrebbero del 40%, creando disagi per 200-300mila romani. Per tutti questi motivi l’operazione Tor di Valle è incagliata negli uffici.
L’ITER – Ora, dopo mesi di continui rinvii dovrebbero arrivare a gennaio le integrazioni del Campidoglio al progetto definitivo del nuovo stadio della Roma richieste dalla Regione per dare il via alla conferenza dei servizi che dovrà decidere, entro 180 giorni, se dare o meno l’autorizzazione a costruire. Ecco perché al momento, infatti, il progetto definitivo dell’impianto è congelato in attesa proprio delle modifiche richieste dalla giunta Zingaretti che lo scorso luglio ha ricevuto tutti gli incartamenti del caso. Peccato che rilevate le problematiche, ad agosto gli uffici regionali abbiano inviato una lettera al Campidoglio chiedendo, entro il 15 novembre, le integrazioni. Termine poi prorogato ancora di qualche mese, fino a gennaio. Nelle ultime settimane l’operazione d’altronde ha perso sempre più quota anche perché è venuto meno il sostegno della giunta Marino e in particolare dell’ex assessore all’Urbanistica, Giovanni Caudo. In compenso i problemi sono rimasti. Al punto che il gruppo del costruttore Luca Parnasi ha fatto partire i licenziamenti di massa nei due rami immobiliari della holding: la Parsitalia General Contractor, attiva nel settore delle costruzioni, ha dichiarato 30 lavoratori in esubero su 59 dipendenti. La Parsitalia Real Estate invece ha avviato la procedura per 38 esuberi su 85 dipendenti. Dipendenti quasi dimezzati per un’operazione a forte rischio naufragio.