(M. Pinci) – La crisi della Roma ha tante facce. Tante ragioni, da quelle tecniche a quelle mentali: analizzare i perché delle recenti figuracce non è semplice. O forse sì. E se la Roma dipendesse da Gervinho? Lo sussurrano tutti, nessuno o quasi ha il coraggio di dirlo apertamente. Possibile che il canovaccio tattico stanco e senza idee rifiorisca sempre e soltanto quando in campo scende l’ivoriano? A suggerirlo sono i numeri, impietosi: l’ultima vittoria senza Gervinho risale addirittura ad agosto, a quel Roma-Juve che aveva lasciato intendere un ribaltone nelle gerarchie del campionato. Poi sono arrivate tre sconfitte e tre pareggi tra campionato e Champions League. In numeri, meno di un punto a partita. Ma con lui magicamente la media s’impenna di due volte e mezza, crescendo fino a 2,16 punti ogni 90 minuti, figli di 8 successi, 2 pari e 2 ko. Anche a Trigoria iniziano a chiedersi se davvero non sia tutta lì la differenza tra il prima e il dopo, tra il derby vinto stracciando la Lazio e la sconfitta senza reagire contro Reja domenica: una molla anarchica che dà senso alle idee di Garcia, o a cui l’allenatore si affida per rendere imprevedibile una manovra irrimediabilmente macchinosa. Con il Torino andrà almeno in panchina. Ma non sarà l’unico contributo su cui potrà contare la Roma in queste ore.
Perché ora che la crisi chiama, anche Pallotta risponde. Dopo la figuraccia di Barcellona, quella in casa con l’Atalanta e il processo a squadra e allenatore. Da ieri anche la contestazione dei tifosi: nella fittissima agenda del presidente c’è anche il presente della sua Roma. Chissà che effetto gli avrà fatto, a ridosso del food day, la raccolta alimentare organizzata domenica all’Olimpico dalla società, vedere una sessantina di supporter che scaricavano sette casse di carote, circa 50 chili, davanti ai cancelli di Trigoria. “Buon appetito conigli”, il messaggio risentito ma non certo violento rivolto ai calciatori, accompagnato da cori e insulti verso tutti. Anche verso Pallotta. Che in tempo di crisi ha deciso di anticipare lo sbarco a Roma. Era atteso nella capitale per il 9 dicembre, giorno del redde rationem contro il Bate Borisov, invece sarà in Italia tra venerdì e sabato mattina e non si sa se ripartirà prima o dopo il match che vale gli ottavi di Champions: certo diserterà la trasferta a Torino. Colpa di un’agenda fittissima, dopo sei mesi di assenza: dallo stadio (potrebbe essere presentato un dossier, forse non definitivo) al rinnovo di Totti (il capitano aspetta ancora la chiamata). In cima però i colloqui con i dirigenti per il futuro della squadra. Questa l’urgenza più incombente, agli occhi di tutti: inevitabile che per affrontarla arrivi Mr. Jim in persona.