La maledizione sembra essere nel ruolo. Di finalizzatore o semplicemente di centravanti. Quando non c’è Totti, parafulmine di operazioni di mercato scellerate e soprattutto di luoghi comuni per tutti i gusti, ecco che c’è il degno sostituto: Dzeko. Nel tam tam quotidiano che si ascolta via etere lievita l’ultima geniale trovata: il problema della Roma è Edin. Perché adesso Garcia, risolto il mal di gol, deve adattare la prima punta (non è titolare dal 26 settembre) all’attacco migliore del torneo. Già domani al Franchi, contro la capolista Fiorentina. La discussione è vivace e s’infiamma su 2 aspetti: 1) la squadra è più efficace senza punto di riferimento in avanti, cioè contando sull’anarchia di Gervinho e Salah; 2) l’allenatore preferisce puntare sulle ripartenze veloci, rinunciando alle sovrapposizioni sui lati e ai cross di esterni bassi o offensivi. Sono le cifre delle partite in cui il bosniaco non ha giocato a dar forza al dibattito che sembra incredibile dopo la grande attesa, durata anni, per rivedere un bomber in giallorosso.
Dzeko ha segnato, per il momento solo 1 rete, decisiva per battere la Juve. Titolare 6 volte su 11, è entrato in corsa 2: 8 presenze, dunque. La Roma, con Edin in campo, ha realizzato solo 9 dei suoi 27 gol. Il dato ha poco valore in Champions: presente con il Barcellona e assente a Borisov, ha partecipato solo ai minuti finali della gara di Leverkusen. Diventa più significativo in campionato: quando è stato presente, i giallorossi hanno segnato 8 gol dei 20 totali. Divisi così: 1 con il Verona, 2 con la Juve, 1 con il Frosinone, 1 con la Sampdoria e 3 con il Carpi. Se, però si vanno a vedere i suoi partner d’attacco, la storia va raccontata diversamente: spesso Garcia ha sistemato, ai suoi fianchi, Gervinho e Salah (sempre 1 dei 2, rinunciando a volte a Iago Falque e sempre a Florenzi utilizzato, in quelle partite, solo da terzino). Se i primi 2 difficilmente vanno al cross sul fondo, soprattutto l’egiziano che preferisce accentrarsi, gli altri 2 sono specialisti. Questo per dire che il bosniaco non è stato mai messo nelle condizioni di fare il centravanti. Che è il suo mestiere: 44 dei suoi 50 gol in Premier li ha realizzati dentro l’area di rigore. È lì che bisogna servirlo. Scegliendo, però, i giocatori più adatti per esaltarne le caratteristiche: Florenzi e Iago Falque appunto. Almeno 1 su 2 deve stare in campo quando gioca Dzeko, meglio ancora se entrambi. Provandoci subito, domani pomeriggio: la Fiorentina, con 6 gol subiti, ha la miglior difesa del campionato e quindi va affrontata con gli interpreti giusti. L’escluso sarebbe Salah: per evitare di sbilanciare l’assetto e per risparmiare la contestazione all’ex viola.
La situazione, andando a leggere altre cifre, prende un’altra piega se si contano le reti prese dalla Roma: 11 (5 in campionato e 6 in Champions) su 18 totali sono arrivate. Qui la valutazione va fatta su quanto è fondamentale, per qualsiasi squadra, la presenza del centravanti. Che innanzitutto tiene in apprensione la linea arretrata avversaria (in alcuni casi bloccata proprio per non perderlo mai di vista) e che al tempo stesso, puntando sulla fisicità nel gioco aereo, va aiutare la difesa sulle palle inattive (il suo ingresso a Leverkusen, poco prima del recupero, è stato spiegato così da Garcia). Dzeko, insomma, ha più pensato alla Roma che a se stesso. Nell’ultima trasferta di campionato, a Marassi contro la Sampdoria, è rimasto frequentemente a 30 metri dalla porta di Viviano e l’unico suo tiro è stato la conseguenza di un’azione personale.
Il bosniaco di solito parte forte. Solo in 3 stagioni, oltre questa, ha stentato. Nelle ultime 2 con il City e nella seconda con il Wolfsburg. Che è stato l’inizio peggiore con 0 reti in 5 gare, ma anche l’annata migliore della sua carriera con 36 gol in 42 partite (26 in Bundesliga). Dal digiuno al trionfo: in Germania conquistò il titolo. Tocca a Garcia e ai compagni ricordargli la strada del successo. A riportarlo è l’edizione odierna de Il Messaggero.
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