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Pjanic

Le punizioni piacciono e mettiamole lì. Le sa battere, da sempre, poi una volta è apparso ispirato, qualche altra un po’ meno. Ora lo è. E’ il resto a fare impressione: la continuità sopra ogni cosa. PerchéMire Pjanic è sempre stato accusato di viaggiare a corrente alternata e un fondo di verità c’è sempre stata in questi, definiamoli così, rimproveri. Ma mai dire Mire. Ci ha messo un po’ a carburare, ha pensato pure di andarsene, due anni fa per questioni legate al contratto, la scorsa estate per motivi “ambientali”, perché tanti tifosi non facevano altro che prendersela (anche) con lui, per la seconda parte della stagione della Roma, sufficientemente insulsa. Basti ricordare la sua reazione verso la Sud (all’epoca ancora piena) dopo il gol vittoria con il Napoli. Sono passati pochi mesi, ma come sempre bastano due giocate, qualche risultato positivo e tutto viene dimenticato, come è giusto che sia. Mire è cambiato, con lui la Roma. Chissà, forse lui ha cambiato la Roma. L’inzio di stagione è stato folgorante, al di là delle punizioni. Che sa battere da sempre, fin da quando era un giovanotto che vestiva la maglia del Lione. Oggi Mire è di più: un leader. E l’assenza di Totti lo responsabilizza pure nei calci da fermo. Il talento del Pianista, così viene chiamato da quando è ragazzino, si nota e la Roma suona, con lui in campo, una musica migliore. Il lancio, la palla filtrante, il tocco di velluto, il pensiero che corre insieme con il pallone. Questo è il Pjanic moderno. Partita dopo partita, non una sì e cinque no. Garcia, nella girandola dei moduli, lo utilizza sia come regista, sia come trequartista. Solo con Zeman si era trovato male, perché il boemo non credeva in una catena troppo offensiva con lui e Totti contemporaneamente. La stagione con il boemo è cominciata subito male e finita peggio (con Andreazzoli), non giocando la partita con la Lazio nella finale di coppa Italia, roba che pensarci oggi…

Quello realizzato contro l’Empoli, per Pjanic è il quarto gol stagionale, il ventunesimo da quando gioca in Italia in 133 presenze. Mire, nelle ultime sei presenze in campionato, ha realizzato tutti e quattro 4 i suoi gol e servito tre assist vincenti. Non era mai partito così bene da quando veste la maglia giallorossa. Tornando alle punizioni: quello con l’Empoli è il terzo stagionale (l’unico su azione, a Palermo) per Miralem, il decimo da cinque anni a questa parte. Dal suo arrivo in Italia, solo Pirlo con dodici centru su calcio da fermo, è riuscito a fare meglio. Pirlo, non uno qualsiasi. Mire non segnava in due partite consecutive dal novembre 2012 (Lazio e Torino). Tutte le reti realizzate quest’anno sono state decisive per i tre punti. Con la Juve ha sbloccato il risultato, idem con Empoli e Palermo, contro il Carpi ha segnato il due a zero, che ha chiuso il match. Gli manca lo squillo in Champions, e martedì c’è l’occasione per colmare il buco. Un buco da tappare solo con la Roma, perché forse, la partita che lo ha consacrato a livello internazionale è stata proprio nella massima competizione europea, ma vestiva la maglia del Lione. Era marzo, anno 2010, il Real attendeva i francesi per servire la remuntada (sconfitto all’andata per 1-0). Al Bernabeu, il milionario Real parte con un gol di Cristiano Ronaldo. Tutto finito per il Lione? Zero. Mire, nemmeno ventenne, tira fuori il petto, mette le mani sul piano e suona una melodia che ancora oggi in Spagna ricordano. Personalità, giocate meravigliose e in più, il gol del pareggio che stende definitivamente il Madrid e manda ai quarti il Lione. Quel Pjanic è questo Pjanic. E proprio il Real se lo prenderebbe volentieri. A riportarlo è l’edizione odierna de Il Messaggero.

edwin iacobacci

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