(F. Balzani) Tre mesi per far cambiare idea a una città intera o sarà addio, stavolta senza ripensamenti. È questo l’ultimatum che Iturbe ha imposto a sé stesso prima di preparare di nuovo quelle valigie disfatte in extremis a fine agosto. L’argentino è stanco: delle panchine, delle critiche, del nervosismo che lo ha accompagnato per quasi tutta la sua esperienza romana salvo quel pomeriggio del 25 maggio quando, insieme a Mbiwa, regalò una delle poche gioie al pubblico romanista. Il francese è a Lione da metà agosto (cessione affrettata viste le condizioni di Castan e Rüdiger tanto che ieri è tornato a circolare il nome di Benatia), l’ex veronese qualche giorno dopo stava per fare lo stesso per- corso fermandosi però a Genova sponda rossoblù. L’affare era definito in tutti i dettagli, le visite mediche prenotate. Poi il dietrofront di Sabatini – gradito poco (eufemismo) da Preziosi – che a Roma lo ha portato a suon di milioni (24,1 ufficialmente). Un peso enorme quella valutazione che Iturbe non è ancora riuscito a scrollarsi dalle spalle.
La fiducia del ds e gli applausi al momento del suo ingresso contro la Juve sembravano avergli ridato linfa. Poi però sono arrivate nuove esclusioni e di quel gol al Frosinone si ricorda soprattutto l’esultanza intristita. Oggi nessuno offrirebbe nemmeno la metà della cifra spesa per lui, ma se l’argentino non dovesse riuscire a svoltare a gennaio potrebbe essere ceduto in prestito per provare a rivalutarlo. Dove? Non al Genoa, difficilmente all’estero, forse proprio al Verona o alla Samp che lo aveva cercato. Il giocatore ne ha parlato col suo procuratore: vuole giocare e giocarsi le ultime carte. Per farlo però dovrà convincere Garcia che, però, ora come potrebbe preferirlo al ritrovato Gervinho, al prezioso Iago Falque e a Salah che in 3 gare ha segnato quanto l’argentino in 15 mesi? Per Iturbe sarà durissima.