(U. Trani) Due uomini sulla stessa barca: Garcia ospite di Iachini nel bel mezzo del mare di Sicilia. La sfida del pomeriggio al Barbera conta più per loro due che per la Roma e per il Palermo. Il risultato condizionerà il loro futuro a prescindere da quanto abbiano assicurato, in via più o meno diretta, i rispettivi presidenti Pallotta e Zamparini. Non c’è calma piatta attorno ai due tecnici, 2 sconfitte nelle ultime 2 trasferte per il francese, 3 in 3 gare per il collega dopo i 7 punti raccolti nelle prime 3 partite del torneo. Chi sbaglia, insomma, paga; anche perché la sosta per gli impegni delle nazionali aiuterebbe i club a intervenire come meglio credono. «Ci sentiamo spesso col presidente: da quando sono arri-vato qui, i miei dirigenti mi hanno mostrato il sostegno nei fatti» garantisce Rudi, anche se non sembra così convinto e bisogna ammettere che, depotenziato come è stato alla fine della scorsa stagione, non sbaglia a essere almeno scettico. Se la società è vaga, la piazza no. Lo ha scaricato. «Se si vince tutto è tutto okay, se non ci riusciamo, le cose vanno meno bene. Non sono un giovane allenatore, conosco le regole del gioco, sono motivato e com-battente, il mio sogno di vincere con la Roma è sempre lo stesso. Non ho tempo o energie da perdere per occuparmi di altre cose oltre il campo. Parla sempre e solo quello». Purtroppo è così.
POSIZIONE IN BILICO La Roma si porta dietro a Palermo la sua Grande Tristezza. Ormai nessuno sorride in più, nemmeno Totti quando segna il 300° e nessuno lo celebra. Il gruppo è addirittura incapace di festeggiare anche con la sua gente, la società sempre più distante dalla tifoseria, tanto da non essere in grado di ricucire lo strappo con la Curva Sud, e il tecnico è solo e inquieto. Manca la tranquillità e si naviga a vista. Garcia sa di essere sotto esame. Anche se gli mancheranno ancora Ruediger, Keita, Dzeko e Totti, la proprietà non gli concede alibi: sono già 4 le formazioni sbagliate in 8 partite stagionali. Il francese, però, difende solo il suo metodo e non si capisce come non si renda conto dei gravi errori commessi: «Sono l’allenatore e lavoro ogni giorno per sfruttare le qualità di quelli che erano già qui e dei nuovi. Solo così potremo giocare un calcio di qualità». Nessun rimpianto per essere rimasto alla Roma: «Non sono per niente pentito. Sto bene qui. Voglio vincere titoli qui perché la società lo merita e fa di tutto, a partire dal presidente fino alle persone che lavorano a Trigoria. Tutti diamo il massimo ogni giorno, pure i giocatori fanno di tutto, anche se per il momento a corrente alternata. Appena avrò la possibilità di gestire la potenzialità della rosa al completo potremo fare grandi cose. E’ un po’ presto per fare i conti». L’orgoglio lo sposta tutto sulle prime due stagioni: «Per finire due volte secondi la squadra può avere solo una mentalità di qualità e continuità. Siamo all’inizio del campionato e puntiamo a crescere. Il mio compito è lavorare sul campo, dare sicurezze sulle scelte durante la partita, spiegare le due fasi, giocare con più moduli, come ab-biamo fatto a Borisov, dove il gruppo ha risposto bene ai cambi tattici. Più della reazione, come abbiamo fatto anche a Verona, dobbiamo iniziare dal fischio di inizio con queste ambizioni, stando sempre dentro la partita». Lo slogan è semplice: «Più continuità, più risultati».
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