La seconda vita romana di Garcia è un film interpretato dalla controfigura dell’uomo che aveva recitato nella prima sontuosa parte, abbellita da una trama con risvolti psicologici completamente diversi da quelli attuali. Ora è tutto nuovo ma sa di vecchio, è tutto più complicato da spiegare, la sceneggiatura è piena di buchi, gli attori o sono scadenti o sono stati assegnati a ruoli inadatti. E’una storia difficile da maneggiare (almeno quanto il tecnico ha difficoltà nel maneggiare i suoi giocatori), e non mancano tratti inquietanti. L’idea, i sentimenti iniziali sono spariti: ne è rimasto un vago ricordo. Un’avventura di cento partite. Cento partite spezzate in due da un colpo d’ascia: cinquanta da sogno, cinquanta in picchiata, dove i sogni hanno trovato così poco spazio da svuotare persino la curva. Garcia era partito con 35 vittorie e 7 sconfitte. Nella sua prima vita dialogo, citazioni, Balzac, la chiesa al centro del villaggio, sfumature zen, serenità, motivazioni. Nella seconda ha dimezzato i successi e spento i sorrisi, solo 19 vittorie a fronte di un allarmante raddoppio del numero delle sconfitte, 12, come ci fosse stato un muro a separarle, o qualcosa di più subdolo, di invisibile avesse intaccato le antiche certezze di cui il gruppo beneficiava, esaltandosi. Nelle cinquanta gare iniziali la sua Roma segnava quasi 2 gol a partita, nelle ultime cinquanta è scesa a 1,34: tutti segni inequivocabili della tendenza assunta dalla squadra, che non sa più vincere,segnare, giocare, non sa più cos’è. Garcia s’è perso nell’arroganza di schierare tre cloni in attacco (Salah, Gervinho, Iturbe) senza preoccuparsi di prendere le contromisure al Bate e vincere la sua seconda partita in Champions dopo 3 sconfitte e 3 pareggi. Ha bruciato due portieri, il rientrante Szczesny esposto alla figuraccia e l’uscente De Sanctis, fresco di Carpi. Lasciando in balia dei raddoppi avversari il “terzino” Florenzi, che a fine gara ha pure gettato l’amo («l’abbiamo preparata male »), salvo poi blindare il suo allenatore («abbiamo piena fiducia in lui»). Il club difende il momento ma non lo spiega: «Non esiste una questione Garcia e Palermo non sarà decisiva», riferisce Trigoria. Qualcuno già pensa che lo sarà? Quanti fantasmi. Da Strootman a Montella e Benatia, passando per Pallotta, il capo di questa Roma senza testa, di questa Roma Scapoccia. Dopo avver rinnovato con Garcia a 2,8 mln netti fino al 2018, un eventuale esonero costerebbe a Pallotta 15 mln lordi. Oggi Garcia è un uomo solo e non è detto che sia al comando. Anche con lo staff atletico-sanitario i rapporti scricchiolano.
Caso Falque. Non convocato per Borisov, partito lo stesso, bocciato nel provino, insertito al 38’. Stranezze che inseguono la Roma a quattro zampe. Come il deferimento di società e De Rossi per aver indicato le sue parti basse e poi alzato le dita medie alla curva laziale, arrivato a quattro mesi dal derby. Come il fatto che la Roma abbia giocato alla Borisov Arena senza aver mai visitato lo stadio, senza essercisi mai allenata, aver toccato l’erba, guardato le tribune, cercato con gli occhi i riferimenti.Uno stadio che non conosci è un nemico in più. E forse non avevano mai visto bene neppure il Bate. A giudicare da com’è andata, in quel primo tempo di gloria assoluta. A riportarlo è l’edizione odierna de La Repubblica.