(M.Pinci) – Il processo è iniziato. Ufficialmente, forse, anche tra i vertici di Trigoria, particolarmente agitati nel dopo partita della Borisov Arena. Rudi Garcia è ancora l’uomo giusto per guidare la Roma? Inevitabile domandarselo dopo la seconda sconfitta nelle ultime tre gare tra Coppa e campionato, la quarta in 8 gare di Champions League con il tecnico francese. Di certo la più umiliante, in Bielorussia contro una squadra che la stagione scorsa aveva perso nella fase a gironi 5 gare su 6 subendo 24 gol (un 6-0, un 7-0, un 5-0, un 3-0, un 2-0), concedendole 3 gol in mezz’ora. Ora il Palermo è già decisivo: con un nuovo capitombolo, le strade dell’allenatore e del club potrebbero separarsi. Anche se a un prezzo altissimo.
PALERMO E’ GIÀ DECISIVA – Nei guai Garcia ci si è messo da solo: “Giudicateci dopo le prossime 4 partite“, aveva detto prima della Samp. Da quel giorno ne ha perse 2 su 3. Ora la quarta, domenica alle 15 contro il Palermo, diventa già determinante per il suo futuro. Anche perché gli indizi di colpevolezza sono tanti: “Noi giocatori abbiamo preparato malissimo questa partita, non siamo entrati in campo con la testa giusta“. L’autocritica di Florenzi è però un duro capo d’accusa anche per Garcia: chi se non l’allenatore deve lavorare sulla testa dei calciatori? Il Bate ha costruito i 3 gol tutti dalla stessa parte, sfruttando le difficoltà di Florenzi nel ruolo di terzino e l’assenza di un compagno a raddoppiare sulle scorribande avversarie. Chi, se non l’allenatore – e il suo staff – deve studiare il modo di giocare degli avversari ed evitare di esporsi alle iniziative? In più Szczesny ha dimostrato di non essere pronto, dopo 2 settimane ai box per il problema alla mano, mentre De Sanctis aveva l’umore a mille dopo il rigore parato al Carpi: chi se non l’allenatore deve conoscere la condizione dei propri giocatori?
SI CAMBIA? DECIDE PALLOTTA – Molte di queste domande se le fanno anche a Trigoria e c’è chi la spinta verso il cambiamento la alimenta eccome. Continueranno a parlarne anche di ritorno da Minsk, ma ora la questione coinvolge soprattutto il presidente Pallotta: Garcia è stato una sua scommessa, in particolare quando c’è stato da accontentarlo con un rinnovo fino al 2018 a 2,8 mln netti (qualcuno nella Roma era fortemente contrario). Cacciarlo vorrebbe dire assumersi il rischio di dovergli riconoscere i 14 milioni – al lordo – residui. Da sommare alla spesa per un eventuale sostituto. Tanti, tanti soldi. In più trovare il nome giusto per l’erede in panchina pare complicatissimo: a Trigoria e all’Olimpico ultimamente s’è visto spesso Montella, ma il tecnico è ancora vincolato dalla clausola sul contratto con la Fiorentina (5 mln) e i rapporti tra i due club sono pessimi. Ancelotti è il nome che metterebbe tutti d’accordo, ma convincerlo a salire in corsa è operazione tutt’altro che agevole e poi servono 5-6 mln netti all’anno. La scorsa settimana è circolato il nome di Lippi (qualcuno parlava anche di un contatto), anche se a Trigoria sorridevano di fronte all’ipotesi.
MERCATO SOTTO ACCUSA – Gli altri – da Prandelli a Donadoni, da Guidolin a Mazzarri – sono nomi poco esaltanti. Ci sarebbe poi Bielsa, vecchio pallino di Sabatini, ma certo parrebbe un nuovo azzardo. Suggestioni. Ma le critiche non possono finire alla panchina senza coinvolgere il mercato: la Roma s’è ritrovata a dover giocare con due centrocampisti in difesa (Florenzi e De Rossi) e quattro esterni in attacco (Salah, Iturbe, Gervinho e Falque). Manca un’alternativa a Dzeko, mancano centrocampisti pronti, mancano centrali affidabili, visto che le condizioni preoccupanti di Castan erano note. In più, cedendo Ljajic la Roma ha di fatto rinunciato a un uomo in più da inserire nella lista Champions: avendo soltanto 3 calciatori formati in Italia e non 4, oltre i 2 cresciuti nel vivaio, ha dovuto “tagliare” un nome, accorciando ancora l’elenco, già ridotto dall’Uefa a 22 per le violazioni al Financial Fair Play. Insomma, una serie di scelte discutibili che ora penalizzano la Roma. Anche per questo, anche tra i dirigenti, c’è chi sta valutando di fare un passo indietro. L’appuntamento però è sempre dopo il Palermo: una sorta di redde rationem della gestione in corso.
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