(S. Vernazza) L’impossibile è niente, il vecchio Muhammad Alì continua ad avere ragione. Sembrava inevitabile che la Roma venisse triturata dal Barcellona dei tre «caballeros» Messi, Suarez e Neymar, ma i campioni d’Europa si sono arenati all’Olimpico. La Roma ferma il Barça che a giugno aveva battuto la Juve in finale di Champions: la proprietà transitiva dice che si sono accorciate le distanze tra i giallorossi e i campioni d’Italia. Questo 1-1 si somma alla vittoria juventina in casa dei padroni d’Inghilterra, la prima giornata di Champions ci sorride e conferma che non siamo messi così male. Abbiamo retto un grande urto, non siamo più sudditi.
COME PREVISTO – La partita è andata più o meno come si immaginava. Pallino al Barcellona, con la Roma rannicchiata. Molto teorico il 4-3-3 di Garcia, nella pratica si è visto un 4-1-4-1 con De Rossi «libero» davanti alla difesa e a tratti un 4-5-1, con due linee a far massa critica. Niente da obiettare, era la gara che la Roma doveva fare, tanto più in assenza di Pjanic, l’artista, l’unico romanista (con Totti) dotato della pennellata che spariglia. Sarebbe stato bello, ma velleitario aggredire il Barça, meglio aspettarli, lasciarli cuocere nel loro possesso palla, nel loro narcisismo naturale. Per un tempo, il primo, Salah è stato l’unica vera arma di offesa romanista. L’egiziano si fiondava su ogni «rimbalzo» o rinvio dalla difesa e si lanciava in volate ad alta velocità, degne di un Bolt pallonaro. Il fatto è che partiva da troppo lontano, quasi dalla propria area, e arrivava annebbiato al tiro. Però tanto è bastato per mettere preoccupazione agli avversari, per far capire loro che il viaggio a Roma non sarebbe stata una gita ai Fori.
IL BIS DI TER – Barcellona in vantaggio con una delle sue classiche manovre di aggiramento. Messi per Rakitic sulla destra, croato al cross e Suarez svettante sul secondo palo. Il Pistolero in fuorigioco di un piede, il gol doveva essere annullato, ma non sottilizziamo, parliamo di centimetri. Tanto più che poco dopo, con la Roma stordita dallo svantaggio, l’arbitro avrebbe dovuto fischiare un rigore per aggancio di Szczesny allo stesso Suarez: l’algebra dice che i due errori si compensano. L’imponderabile, ma non troppo, si è materializzato scollinata la mezz’ora, quando Ter Stegen ha fatto il bis. Un mese fa in Supercoppa di Spagna il portiere era stato buggerato a Bilbao da un tiro scoccato nel cerchio di centrocampo. Ieri Florenzi l’ha colto in fallo da 55 metri e 49 centimetri, una distanza siderale. Ter Stegen paga così il vizietto di stazionare molto fuori dai pali quando il Barcellona tocchetta. Con ogni probabilità glielo chiede Luis Enrique, perché una squadra che come il Barça tiene un baricentro tattico così alto ha bisogno di un portiere che sia un libero aggiunto. A Ter Stegen però piace l’ebbrezza della porta sguarnita, crediamo che la viva come una specie di roulette russa del ruolo, così ha rimediato un’altra figuraccia epocale. Enormi complimenti a Florenzi, da così lontano non è per niente facile inquadrare la porta, bisogna calibrare potenza e precisione, ci vuole sensibilità. Florenzi potrà raccontare di aver segnato un gol alla Maradona, mica poco .
NARCOSI – Nella ripresa la Roma ha applicato al Barcellona la tattica della narcosi e forse dell’ipnosi, si è concentrata su ogni linea di passaggio possibile, ha coperto e raddoppiato, ostruito e rattoppato. Il dato sul possesso palla rende benissimo l’idea, quasi 75 a 25 pro Barça, e la domanda è la solita: che cosa te ne fai di tanto palleggio se tiri in porta ogni tanto? La Roma è sopravvissuta all’infortunio del suo portiere, ben sostituito da De Sanctis. Ha avuto fortuna nell’attimo in cui Leo Messi ha regalato all’Olimpico l’unico vero momento da Leo Messi, con «sombrerino» su Rudiger e tiro a stamparsi sulla parte alta della traversa. E’ stata salvata da Manolas agli sgoccioli con intervento a sventare un gol sicuro. Un pareggio non è una vittoria, ma l’1-1 col Barça conferma come Garcia abbia ripreso le redini della squadra, e non era scontato che accadesse. Adesso veda di non cadere più dalla sella. A naso – siamo solo a settembre – questa è la Roma più forte della sua gestione, quindi…
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