Stefano Esposito, senatore Pd, classe ‘69, piemontese di Moncalieri (ma «cresciuto a Santena, dove ci sono la tomba di Cavour e gli asparagi…»), juventino doc, assessore ai Trasporti della Capitale. Quel «Roma m…», vedendo i risultati di sabato (giallorossi vincenti a Frosinone, bianconeri fermati dal Chievo), non le ha nemmeno portato bene: «Sono stato profetico. Avevo detto che la Roma vincerà lo scudetto e che la Juve avrebbe faticato…».
Ultrà bianconero perché?
«Nella migliore tradizione degli immigrati… Sono di origine napoletana, ma juventino da quando giocavo a calcio». Ruolo? «Terzino destro, con licenza di offendere le gambe avversarie… Ora c’è mio figlio che fa i provini con la Juve».
Lei non lo porta allo stadio?
«No, ci va col nonno. Io, dopo l’Heysel, sono tornato solo un paio di volte».
Finale di Coppa dei Campioni ’85, Juve-Liverpool, 39 morti. Lei dov’era?
«Nella curva del tifo organizzato, dalla parte opposta del settore Z. Molti di noi scesero dagli spalti per andare di là, ma la polizia belga a cavallo caricò noi invece degli inglesi».
Festeggiò la vittoria?
«La partita non l’ho vista, sono andato via. Non si doveva giocare».
Ha mai tirato un sasso o usato un coltello?
«Macché. Botte sì: ma ne ho più prese che date». Perché ha smesso con la curva? «L’Heysel e la politica. Frequentavo la Federazione giovani comunisti. E la curva juventina era troppo a destra…».
Pentino del «Roma m…»?
«Non vengo da una famiglia nobile, mio padre faceva il bidello, mia madre operaia. Ma ho imparato due cose: l’onestà e il non essere ipocrita». Veltroni, tifoso juventino, che si mise la sciarpa della Roma al Circo Massimo, è stato ipocrita? «Diciamo che si è piegato all’opportunità politica…».
Il sindaco, Ignazio Marino, le ha chiesto di essere più prudente?
«Non mi ha mai detto: “Esposito non parlare di calcio”. E in ogni caso non mi sarei sentito come se mi avesse sgridato il maestro». Il gol di Turone a Torino, nell’81, era buono? «Sì… Ma ci ho messo anni per convincermene».
La formazione della Juve di quegli anni se la ricorda?
«Zoff, Gentile, Cabrini, Furino (o Bonini), Brio, Scirea, Causio, Tardelli, Bettega prima e Rossi poi, Platini, Boniek». Il più grande di tutti? «Platini. Poi Del Piero».
Com’è la Juventus attuale?
«Pirlo, Tevez e Vidal non si sostituiscono facilmente. Sarà la prova del nove per Allegri».
Gli scudetti bianconeri sono 33 o 31, come stabilito dopo Calciopoli?
«Da tifoso 33. La Juve ha pagato oltre le sue responsabilità, anche se un anno di B è servito a distinguere i mercenari da chi è attaccato alla maglia».
Esempi?
«Ibrahimovic e Zambrotta da un lato. Buffon e Alex dall’altro».
Moggi è?
«Un personaggio all’italiana: per certi versi somiglia a Briatore. Moggi aveva sempre un bel codazzo di figure istituzionali intorno…».
Da juventino è più anti interista o anti romanista?
«No, la Fiorentina è sempre in cima… Poi c’è il Toro, dopo ancora Roma e Inter».
Quando Totti vi fece il «4, zitti e a casa» si è arrabbiato?
«Mi ha fatto rodere, ma è il bello del calcio. Totti è una bandiera, come Riva. È l’invidia che ho verso i romanisti».
Andrà mai a vedere la Roma allo stadio?
«Mi ha invitato Antonio Razzi al match di Champions col Barcellona. Ma ho declinato: sia mai che porto sfiga…».
Avrebbe potuto incontrare suoi colleghi giallorossi: Maurizio Gasparri, Fabrizio Cicchitto, Massimo D’Alema. Chi le sta meno simpatico?
«Primo Gasparri, ultimo Cicchitto. D’Alema? Mi ha detto di non definirmi dalemiano. Mai fatto in vita mia: l’unico mito che ho è Bruce Springsteen».
Ha mai visto il film «Ultrà», di Ricky Tognazzi?
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