(A. Austini) Questione di stimoli, col pensiero inevitabilmente proiettato all’esordio in Champions contro il Barcellona. Ma anche un problema tattico e di uomini. Garcia ha cambiato, forse troppo presto visto che siamo appena alla terza giornata, conservando le energie di Nainggolan e Salah in vista della sfida a Messi & Co. e tirando fuori Dzeko dopo neppure un’ora. Il risultato gli dà ragione, certo, però l’impressione di una Roma snaturata e in difficoltà a ritrovarsi in campo è stata netta. Il primo esperimento di giocare con Totti e Dzeko insieme non ha funzionato. L’idea di Rudi era quella di sostituire la qualità dell’assente Pjanic con i piedi magici del capitano ma nel 4-2-3-1 di partenza, alternato al 4-4-2, Totti ha faticato a trovare la posizione giusta. I compagni hanno cercato con più costanza la testa di Dzeko e i pochi spazi concessi dal generoso Frosinone non hanno permesso a Totti di incidere. Non è un caso che un paio di conclusioni del numero 10 siano arrivate quando il bosniaco è uscito e Garcia si è riaffidato al collaudato 4-3-3. L’ingresso di Nainggolan ha rimesso le cose a posto: la Roma non può rinunciare ai polmoni del belga in mezzo al campo.
Insufficiente anche la prestazione di Gervinho, la freccia ivoriana che una volta dava profondità alla squadra e ora invece viene a prendersi il pallone sulla trequarti senza cavare un ragno dal buco. Salah e Iturbe, in pochi minuti, hanno fatto meglio di lui. Da rivedere qualcosa pure in difesa. Rudiger all’esordio con la Roma e al rientro dopo tre mesi di stop, è sembrato ancora parecchio arruginito, così De Rossi si è abbassato spesso per aiutare i centrali in difficoltà. Mentre Digne, seppur sufficiente, non è riuscito a ripetere la prova scintillante offerta con la Juve e con un fallo di mano sulla linea dell’area di rigore ha rischiato di compromettere la vittoria: Gervasoni lo ha graziato, sbagliando. Ma ci sono anche delle buone notizie per Garcia: Iago Falque, ad esempio, è l’esterno perfetto per il calcio che vuole il francese. Pimpante davanti e attento alla fase difensiva. E’ stato lui a sbloccare la partita al 44′ con il suo dodicesimo gol nel 2015 (solo Toni, Icardi e Higuain hanno fatto meglio in serie A), prima gioia da romanista. Pur non toccando il pallone, Dzeko con un movimento ad attirare su di sé il difensore ha spiazzato la retroguardia ciociara, con gli errori seguenti di Blanchard e Soddimo puniti dal piatto dello spagnolo. A destra la spinta è tutta di Florenzi, sfortunato nel finale dove ha colpito una traversa. E poi Szczesny, il portiere che Garcia aveva pensato di far riposare, ancora una volta è sicuro e decisivo nel primo tempo sull’unica vera conclusione insidiosa del Frosinone con Tonev. Ci ha pensato Iturbe a chiudere i conti in pieno recupero segnando in contropiede. Festa finale con i duemila romanista in gita in Ciociaria e ora testa al Barcellona. Passare da Soddimo a Messi servirà sicuramente da stimolo.
Se la Roma ha sofferto è stato anche merito di un Frosinone ben messo in campo e coraggioso al punto giusto. I limiti tecnici del gruppo sono evidenti eppure la differenza tra la squadra di Stellone e quella col secondo monte ingaggi della serie A non s’è vista. Nel classico 4-4-2 il tecnico romano ha messo in campo all’inizio quattro giocatori che insieme a lui hanno conquistato la doppia promozione dalla Lego Pro in due anni: Blanchard, Gucher, Soddimo e Ciofani. Il centravanti ex Cisco Roma ha sfiorato il pareggio e non sarebbe stato uno scandalo. L’atteggiamento è quello giusto, i punti prima o poi arriveranno.