Gervinho titolare alla prima di campionato è stata una mossa, firmata Rudi Garcia, che ha sorpreso non soltanto la critica e i tifosi ma anche i giocatori della Roma. Una scelta che nello spogliatoio ha alimentato perplessità vecchie di qualche mese, cioè legate all’impiego costante dell’ivoriano nella passata stagione nonostante una condizione atletica scadente dopo la Coppa di Africa. Lo scatto di nervi di De Rossi dopo la sostituzione, però, non c’entra niente: si è trattato di un gesto rabbioso, legato al cambio ritenuto ingiusto, e basta. Ma è comunque un dato indicativo del rapporto che esiste tra lo spogliatoio e il francese. Perché se un allenatore è realmente forte, con una forza condivisa e supportata dalla società, nessuno si lamenta di nulla. Nessuno si permette di farlo. Oggi, invece, Garcia non è potente come l’anno scorso o la stagione prima: la società, si sa, l’ha depotenziato togliendogli – ad esempio – il suo primo punto di riferimento, il preparatore atletico Rongoni, e questa nuova situazione è stata colta anche dalla squadra. Che si trova a confrontarsi quotidianamente con un uomo che conta e decide, certo, ma non come/ quanto prima. Qui non si sta dicendo, e questo deve essere chiaro, che la squadra (o parte di essa) è contro l’allenatore, ma semplicemente che i rapporti della squadra con Garcia sono rimasti quelli di qualche mese fa: professionali, formali e non di più. E che la scelta di far giocare Gervinho, uno che era stato venduto, quindi allontanato, e che da mesi non dava più nulla alla causa romanista, nello spogliatoio ha rispolverato, acuendole, le antiche, mai sopite perplessità. Come se nella Roma non contasse la meritocrazia; come se alcune realtà siano ormai cristallizzate. Immutate e intoccabili. Si dice: Garcia si è comportato in quel modo con il suo pupillo Gervinho per spedire un messaggio o una provocazione a chi Gervinho (gli) aveva ceduto. Fosse tutto vero questo, però, a chi gioverebbe? Alla Roma non di certo. E il primo obiettivo di società, allenatore e squadra dovrebbe essere proprio il bene della Roma. Nessuno può o deve dimenticarlo. A riportarlo è l’edizione odierna de Il Messaggero.