Commentando il mercato di riparazione del campionato scorso, con la Roma a un solo punto dalla Juventus il 6 gennaio e a -17 a fine maggio, Walter Sabatini disse che era stato sbagliato il «timing» degli acquisti. Il d.s. continua a pensare, non a torto, che Seydou Doumbia non era un «bidone» ma un giocatore che non andava comprato in quel momento, reduce dalla Coppa d’Africa e, parole di Rudi Garcia, «da ri-atletizzare». Solo chi non fa nulla non sbaglia mai. La differenza, però, la fa chi impara dai propri errori e li corregge. E questo non è avvenuto nel mercato della Roma 2015-16, che si è presentata a Verona con una difesa improponibile. Il primo prezzo da pagare sono due punti lasciati sul campo di una squadra che ha un monte ingaggi pari a un quinto di quello della Roma. La Roma, a Verona, si è presentata così: 1) un portiere, bravo, all’esordio nel campionato italiano, con pochissimi allenamenti insieme ai compagni di reparto (Szczesny); 2) un esterno di centrocampo e/o attacco, messo sempre in croce in fase difensiva e utile solo quando poteva giocare nella metà campo avversaria (Florenzi); 3) un marcatore tosto e veloce ma ruvido, chiamato troppo spesso a giocare la palla con mezzi tecnici limitati (Manolas); 4) un centrale non ancora recuperato al 100% per la serie A, come ha ammesso Garcia nel dopo gara, in difficoltà ogni volta che veniva chiamato in causa (Castan); 5) un onesto terzino destro di riserva spostato a sinistra (Torosidis). In panchina: Gyomber e Anocic. In infermeria Ruediger, che colleghi esperti di Bundesliga descrivono come un Manolas nero, e Maicon, che dopo il Mondiale non ha quasi più giocato. A casa Cole, la cui rescissione di contratto è ancora un miraggio. Basteranno dieci giorni di mercato per portare almeno Digne e un altro centrale? Contro la Juve di Mandzukic, Dybala e Cuadrado chi giocherà? Quanto è alto il rischio di una partenza con handicap in un ambiente già surriscaldato (vedi la reazione di De Rossi dopo la sostituzione)? Detto questo sulla difesa, resta inspiegabile l’ultimo cambio di Garcia, quando ha fatto entrare Ibarbo per Gervinho, mentre Totti e Ljajic intristivano in panchina. Partita con Dzeko e due attaccanti puri (Salah e Gervinho), la Roma ha chiuso con un contropiedista allergico al gol (Ibarbo) e una punta di raccordo (Falque). Come se, anziché sull’1-1, fosse in vantaggio per 2-1. A riportarlo è l’edizione odierna de Il Corriere della Sera.
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