(M. Cecchini) Il 30 gennaio 2012 un vecchio ragazzo carico di fatica e gloria si imbarcava su un volo destinazione Al Nasr, Dubai. A 35 anni da compiere, l’Italia salutava con rispetto Luca Toni, un campione del Mondo che rotolava (apparentemente) sul viale del tramonto dopo aver sgranato gol senza frontiere. In quei giorni, invece, Francesco Totti ringhiava voglia di rivalsa. Il nuovo corso statunitense firmato DiBenedetto aveva provato a metterlo ai margini del progetto, ma lentamente il feeling con Luis Enrique era cresciuto e, come sempre, il numero dieci giallorosso si ritrovava al centro della Roma. Ma poiché la vita a volte è un’altalena che ama sorprendere, tre anni e mezzo più tardi – giunti entrambi a 38 anni – le parti si sono invertite. Il centravanti del Verona, reduce da una stagione da capocannoniere in coabitazione col baby (al suo confronto) Icardi, festeggia l’esordio nel campionato 2015-16 giocando novanta minuti, mentre il fuoriclasse della Roma dispensa consigli da una panchina che, per scelta tecnica, ha consumato per l’intera durata del match come mai all’esordio gli era capitato.
ALLO SPECCHIO Intendiamoci, al momento la serenità non manca a nessuno dei due. Toni ad esempio, prima di scendere in campo, si è travestito persino da direttore sportivo, dicendo così a Ljajic: «Ma visto che non giochi mai, perché non vieni qui da noi?». Si finisce col sorriso, ovvio, che a guardare bene assomiglia a quello che capitan Totti ostenta a fine partita, mentre scivola verso il pullman addirittura fischiettando, come dire: nessuna polemica. Anzi, fa subito i complimenti ai suoi compagni: «Dzeko è il top player che cercavamo, Salah ha fatto tanti gol. Cercheremo di fare il massimo, ma chiedo ai tifosi di starci vicino anche nei momenti di difficoltà». Ma se lui non fa drammi, la Rete racconta come tanti romanisti alla fine – al posto di Ibarbo – avrebbero voluto in campo il capitano, sperando che fosse una sua giocata ad innescare Dzeko, un po’ come aveva fatto nel 2001 quando il cannoniere dei sogni si chiamava Gabriel Batistuta. Ma a differenza di quanto Garcia aveva ipotizzato alla vigilia («quei due possono giocare insieme»), Totti è rimasto in panchina a masticare forse un po’ di sana invidia nei confronti di Toni, con cui raggiunse nel 2006 il tetto del mondo. All’epoca quello era un To-To da Oscar, ma a ridere eravamo solo noi innamorati dell’azzurro, il resto del pianeta calcio si macerava come non sapevano fare neppure gli attori dei film di Bergman.
ROMANITA’ – Ma all’improvviso il tempo sembra aver avuto un’accelerata solo per Totti che, giunto alle soglie dei 300 gol giallorossi (è a 299), aspetta ancora un segnale da Pallotta per un rinnovo ogni giorno meno blindato. Con lui anche la romanità di una volta sembra stingersi, visto che anche De Rossi non è più un intoccabile. Non resta che cullare la generosità di Florenzi, apprendista terzino ma prezioso goleador, che salva la Roma dalla prima bufera della stagione. Ma attenzione a dare per morti i vecchi ragazzi. La storia di Luca (Toni) in fondo insegna proprio questo: il calcio italiano può essere anche un paese per vecchi.
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