(A. Austini) Poteva segnare al primo pallone toccato, ma sembrava brutto. E allora meglio far passare tre minuti e 37 secondi. Lancio di Maicon, stop in area e siluro sotto la traversa: Edin Dzeko si presenta così ai romanisti che si erano quasi dimenticati cosa fosse un centravanti.
Sognano in grande gli oltre 32mila spettatori presenti nella notte dell’Olimpico, con il Siviglia, signora squadra ma svuotata dopo la Supercoppa europea, che per un’ora assiste impotente allo show giallorosso. È ancora calcio d’agosto, per carità. Ma la nuova Roma, fino a quando la partita è vera, fa già paura.
Dopo la presentazione della rosa al pubblico, Garcia mette in campo dall’inizio i quattro acquisti (Szczesny, Salah, Iago Falque e il bomber bosniaco) nel suo 4-3-3, aspettando l’arrivo di Digne, Rudiger e un altro paio di ritocchi. Il 10 del futuro, Gerson, si gode lo spettacolo in tribuna, mentre Totti parte dalla panchina.
Dzeko è prontissimo, altro che ritardo: per alzare il livello del fomento ne segna un altro, appoggiando di petto a porta vuota l’assist della saetta egiziana Salah al termine di una azione tutta di prima, con tanto di «scavetto» di Pjanic. Intanto era già arrivato il raddoppio del gregario fedele Torosidis, che in questa squadra piena di qualità ci sta benissimo. Prima dell’intervallo il poker firmato da Nainggolan su cross del bosniaco. Un bomber che segna, si sacrifica, gioca per la squadra e applaude i compagni: il colpo atteso da anni.
La Curva lo invoca e insieme a lui si coccola Salah, puntuale all’appuntamento con il gol sotto la Sud per il 5-0 dopo un palo di Immobile dall’altra parte. Passata un’ora Garcia cambia l’attacco: è il turno di Totti incitato a bordo campo dal piccolo Cristian, entrano anche Gervinho e Iturbe che si procura il rigore e concede l’ovazione al capitano. La Roma a quel punto si ferma, arrivano altri cambi e il Siviglia segna quattro gol con Suarez (doppietta), Reyes e Koke. Finisce 6-4 ma la festa è tutta giallorossa.
Tra le note positive: la condizione crescente di Maicon, quella apparentemente già buona di Castan (ed è una grande notizia per Garcia), l’ispirazione di Pjanic, la disponibilità al sacrificio di Iago Falque che tra i tanti esterni può ritagliarsi insieme a Florenzi il ruolo dell’«equilibratore», la voglia di Iturbe. Difetti? Equilibri da trovare in fase difensiva, senza l’acciaccato De Rossi (che nel finale va a fare il centrale dietro) e Strootman a protezione, dietro s’è ballato troppo, anche nel primo tempo. Garcia ha una settimana di tempo per lavorarci. Gestire una rosa così lunga sarà il suo compito più difficile: Ljajic, scappando nel tunnel al fischio finale dopo aver giocato da centrocampista, gli ha dato un primo assaggio.