(G. De Bellis) – La Serie A ha già investito 102 milioni di euro. Più della Liga spagnola, che oggi è a 85 milioni. Più della Premier league inglese che oggi è a 67 milioni. Oggi vuol dire il 22 giugno, due mesi e dieci giorni dalla fine del mercato. Girano i soldi. E altri ne gireranno. Sono tornati i denari, perché se si vogliono costruire squadre competitive non c’è molta alternativa. Se spendono all’estero dobbiamo spendere anche noi. E d’altronde questo sistema l’ha inventato l’Italia (con il Real e il Barcellona) che per anni ha comprato il meglio al massimo: gli altri ci hanno imitato e poi superato. I soldi spesi e quelli che ancora si spenderanno non significano che però siamo tornati un campionato ricco. Buon segno per qualcuno. E certamente meglio di quello che è accaduto negli ultimi tre anni. Però sono ancora molte, troppe, le squadre con bilanci precari, tenute in piedi da un sistema artificiale. Il rischio di un altro caso Parma è più concreto di quanto si possa pensare. E se fossero due? O tre? Una tragedia. Spendere per i giocatori e non investire in strutture, stadi, servizi accessori e merchandising è un suicidio comunque. Non si colma la distanza con gli altri campionati contendendo loro solo i giocatori migliori, ma riempiendo gli stadi e facendo pagare ogni singolo posto il più possibile. Costa troppo andare allo stadio? Sì, soltanto perché con gli impianti che abbiano non si meritano i soldi che paghiamo. Ma se fossero strutture adeguate dovrebbero costare di più. E neanche poco. Prezzi popolari uguale calcio mediocre.
Fonte: Il Giornale
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