«Il calcio professionistico ha un fatturato in crescita nonostante la congiuntura economica non ancora positiva, una crescita stimata con un giro d’affari di 13 miliardi di euro, un aumento del 50% in 10 anni, che secondo Mediobanca propone il calcio tra prime dieci industrie in Italia facendone un grande veicolo economico e finanziario. L’indebitamento però resta un grosso problema legato a una non contrazione dei costi anche se il trend va nella direzione giusta, c’è la mancanza di crescita dei ricavi, su cui si può lavorare. La Federazione ha posto i primi paletti facendo delle riforme, obbligatorietà del pareggio di bilancio, riforma campionati, tetto alle rose, nuove norme di iscrizione, i cui effetti si vedranno nel medio termine tra 3-4 anni». È la fotografia sullo stato del calcio italiano scattata dal direttore generale della Figc, Michele Uva, che a ‘Radio anch’io sport’ riassume i numeri del ‘ReportCalcio 2015’ che verrà illustrato oggi a Coverciano.
«Nel frattempo il periodo del mecenatismo è terminato, le società sportive sono vere e proprie aziende che devono avere la sostenibilità al primo punto -evidenzia Uva-. Le plusvalenze dimostrano che siamo sempre più un paese formatore mentre qualche anno fa eravamo un paese che comprava». «Il botteghino è penalizzato anche dall’impiantistica sportiva, ci sono stadi privi di servizi che non aiutano a portare la gente. Bisogna comunque sviluppare l’impiantistica sportiva, Juventus docet, e puntare sull’internazionalizzazione dei brand di grandi, piccole e medie squadre. Tra i 5 e i 12 anni un ragazzo su 4 è tesserato con la Federazione. Siamo un movimento di 32 milioni di tifosi. Il calcio è un fenomeno sociale con margini di crescita sotto gli occhi di tutti».
Fonte: AdnKronos