Walter Sabatini e quel talento innato da talent scout. Più che un direttore sportivo, l’uomo di Marsciano dalle infinite risorse da tabagista ha una qualità incredibile nel reperire, contattare e convincere i giovani talenti internazionali a seguirlo. C’ha fatto la sua fortuna ai tempi di Lazio e Palermo, quando scoprì dal nulla dei ragazzotti come Aleksandar Kolarov o Javier Pastore, poi ceduti dalle rispettive società per cifre altisonanti. Ha fatto lo stesso nel suo periodo giallorosso, ad esempio con Marquinhos, stopper classe ’94 strappato per 4 milioni circa al Corinthians e un anno dopo ceduto a Parigi per 31.
Ma la vita romana di Sabatini e dei suoi affari ‘Under‘ non è stata del tutto positiva, anzi; tanti, troppi i giovani calciatori addocchiati e presi, senza consultarsi con nessuno, solo per suo gusto personale, perché apprezzava il talento e la classe innata, forse sottovalutando i bisogni della Roma e la maturazione del talento in questione. Ha cominciato nel 2011, quando fu il primo a metterci la faccia come dirigente della nuova società americana. Strappò l’ivoriano Junior Tallo dal Chievo per 1,2 milioni, il brasiliano Lucca dalle giovanili dell’Internacional per 750 mila euro, a parametro zero si assicurò il terzino francese Loic Nego. Dei tre in questione ci si ricorda poco e nulla dalle parti di Trigoria.
Un anno dopo ci riprovò con Nico Lopez, considerato da qualcuno, non troppo oculato, l’erede di Suarez: 1 milione al Nacional Montevideo e il rischio di entrare in un contenzioso con il club uruguagio per irregolarità nel trasferimento. Ora è al Verona, ceduto senza troppi rimpianti. Poi Dodò, il terzino che “aggredisce il campo in un modo che amo particolarmente”; tanti stop, qualche buona prova, talento mai esploso e trasferimento all’Inter che ripaga comunque con una plusvalenza importante.
Nel 2013 Sabatini ci riprovò con Tin Jedvaj, difensore ambitissimo della Dinamo Zagabria, strappato dalla concorrenza del Tottenham per 5 milioni più bonus. Solo 2 presenze in A e trasferimento al Bayer Leverkusen per quasi 7 milioni: plusvalenza si, ma l’impressione di aver perso un talento importante e duttile, anche per le remore di Garcia. Nello stesso anno sono stati spesi 890 mila euro per Skorupski, secondo portiere mai convincente, circa 1 milione per l’invisibile terzino Golubovic, mezzo milione per il bomber Berisha, parcheggiato ad Atene ma scomparso dai radar.
E veniamo ai giorni nostri: investimenti record per i giovani Paredes, Uçan e Sanabria, costati in tre circa 12 milioni di euro, senza contare che i riscatti dei primi due ne varranno almeno altri 8-9. E per il futuro sono già stati presi Kevin Mendez, mandato in prestito a Perugia, per 2 milioni, Ezequiel Ponce per 5 milioni e l’australiano Da Silva che arriverà a fine contratto.
Sabatini solo per i nomi qui citati ha tirato fuori dalle tasche della Roma circa 35 milioni di euro, senza contare i rispettivi ingaggi. Le plusvalenze ottenute per Marquinhos, Dodò e Jedvaj ripagano in gran parte questa spesa, ma c’è tutto il sapore di un fallimento strategico, di energie spese inutilmente, di un progetto tecnico che non è mai andato d’accordo con i suoi allenatori, in particolar modo con Rudi Garcia, che ha snobbato la coppia Paredes-Uçan per tutto l’anno preferendo mandare in campo un Pjanic con la gamba dolorante. La Roma della ‘meglio gioventù’ annunciata e sognata da Sabatini non è mai nata, ora bisogna fare i conti con la realtà e capire il tesoretto societario come andrebbe investito per convincere la piazza e vincere trofei.
Keivan Karimi (Twitter @KappaTwo)
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