Continua la rubrica “On this Day” che ripercorre la storia della Roma giorno per giorno. 45 anni fa esatti, la Roma si giocava l’accesso alla finale di Coppa delle Coppe contro il Gornik…
“Il testa o croce che ci costò l’Europa…”
22 aprile 1970, Strasburgo – Stade de la Meinau
Roma-Gornik Zabrze 1-1 d.t.s. (Gornik qualificato al lancio della monetina)
Coppa delle Coppe, semifinale supplementare-spareggio
(M. Izzi) – Dopo due pareggi drammatici e avvincenti la Roma e i polacchi del Gornik Zabrze approdano a Strasburgo per disputare lo spareggio che stabilirà chi contenderà la Coppa delle Coppe al Manchester City nella finale di Vienna. La squadra giallorossa arriva nella città francese con un organico forte di soli 17 atleti. Infortunato da tempo Cappelli, raggiungono l’infermeria anche Cordova e Liguori, rispediti a Roma in tutta fretta, mentre Franzot verrà depennato dalla lista dei convocati solo all’ultimo momento.
Il tecnico Herrera tenta di caricare i suoi ragazzi e nella vigilia dichiara che, battuto il Gornik, la Coppa sarà “ipotecata al 70%”. La squadra però è stanca, viene da due mesi di super impegni e, mentre la federazione polacca ha esonerato il Gornik dall’incontro domenicale che precede il match, la Roma ha ottenuto solamente di anticipare al sabato la gara contro la Juventus. Gli auspici della vigilia sembrano comunque positivi.
La Roma vince il sorteggio che le permette di scegliere la maglia. Può dunque indossare la casacca bianca che Herrera considera un portafortuna irrinunciabile. Non avendo portato altre mute, se il sorteggio fosse stato perso, Peirò e compagni avrebbero dovuto sostenere la gara indossando la maglia azzurra messa a disposizione dal Racing di Strasburgo. Dopo aver vinto anche il sorteggio per la scelta del campo e del calcio d’inizio, la gara parte, ma dopo trenta secondi l’impianto d’illuminazione cessa di funzionare.
Dopo 24’ di sospensione (trascorsi da Herrera a riscaldare Ginulfi), si torna a giocare ma al 6’ di gioco, l’inconveniente si ripete imponendo altri 20’ di stop. Se si fosse stati nuovamente costretti a fermarsi, a norma di regolamento, l’arbitro avrebbe dovuto rinviare la gara, ma non sarà necessario. Al 24’ Landini pesca Cappellini davanti alla porta ma l’azione sfuma, al 37’ è Ginulfi, in grande serata, a mettersi in evidenza per una coraggiosa uscita sui piedi di Lubanski. Proprio Lubanski, partito al 42’ da centrocampo palla al piede, elude due difensori giallorossi e dall’angolo basso di sinistra scocca un tiro che porta in vantaggio i suoi.
Al 12’ della ripresa Petrelli, lanciato a rete, è falciato da Florenski. Sul dischetto avanza Capello. Il regista ha già calciato un penalty contro i polacchi a Katowice, segnando solo sulla ribattuta. Il ragazzo è nervoso ma lucido, si prende la responsabilità e mentre procede verso il dischetto decide di cambiare battuta. Non calcerà sulla destra del portiere, come è abituato a fare, ma sulla sinistra . Ne nasce un tiro angolatissimo, un piatto secco e violento che non lascia scampo al portiere. E’ il pareggio. Peirò ricordando il suo giovane compagno di squadra di quella stagione ha dichiarato: “Aveva qualità speciali. S’intuiva che sarebbe arrivato lontano. Aveva doti straordinarie. Controllava il pallone con tutti e due i piedi, colpiva bene di testa e sapeva inserirsi in area di rigore. Ci intendevamo bene, io e lui”.
Proprio a Peirò, dopo il pareggio maturato nei 120’ di gioco, toccherà, da capitano, di prendere parte al lancio della monetina scegliendo (su indicazione di Herrera) la fatidica “testa” che nei due sorteggi precedenti era stata vincente. Questa volta, però, la dea bendata befferà la squadra giallorossa lanciando il Gornik verso la finalissima di Vienna.
Fonte: asroma.it
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