Giocare, o addirittura vivere, all’ombra di un mito, o di un totem o di un idolo – insomma di Totti – è sempre stato complicato. Totti è, forse è stato va bene, un giocatore talmente grande da aver complicato la vita a molti. A tanti attaccanti, ad esempio, che vicino a lui hanno fatto regolarmente cilecca. Perché il calcio di Totti divora, o almeno divorava, un po’ tutto quello che c’è intorno: fa l’attaccante, il trequartista, il centrocampista, il mediano, quando era più giovane e correva di più gli capitava anche di fare il difensore. Insomma, Totti e poi gli altri.
Quegli che gli stanno vicino finiscono col doversi spostare per fargli spazio. In campo, ma non solo. Anche Daniele De Rossi, uno che 10 anni fa bollarono come Capitan Futuro, ne ha sofferto. E’ arrivato a 32 anni senza aver mai ereditato la guida della Roma. Come la Regina Elisabetta che resiste imperterrita sul trono d’Inghilterra e il principe Carlo che s’è fatto vecchio senza diventare mai re. E più probabile che un giorno lo diventi un figlio di De Rossi che lui stesso.
La parabola di De Rossi con la Roma potrebbe dunque concludersi senza mai raggiungere l’apice. E’ il giocatore più pagato e più quotato perfino dell’anziano papà Totti, ma niente da fare, lo scettro non lo ha mai avuto. Né forse lo avrà mai. Capita nella vita: aspetta oggi, aspetta domani, le cose cambiano. Un errore, un passaggio sbagliato, e il finale della storia non sarà più quello che hai sempre immaginato. A riportarlo è l’edizione odierna de La Repubblica.