È stato ‘er Core de Roma quando Francesco Totti andava ancora alle elementari, ma Bruno Conti continua ad essere un idolo del popolo giallorosso anche adesso che compie 60 anni. Perchè certi amori non si dimenticano mai, è impossibile riuscirci anche se quel numero 7 è stato uno di coloro che sbagliarono un rigore nella notte più amara della storia romanista. Il Liverpool è qualcosa che fa ancora male, ma Bruno Conti rimane il volto felice, e le lacrime a dirotto dello scudetto del 1983 e dell’Italia campione del mondo a Madrid nel 1982, quando lui era l’uomo dell’ultimo passaggio «e bastava solo spingere la palla in porta», come disse Paolo Rossi.
Ma la sua vittoria più bella MaraZico, soprannome di 33 anni fa che gli è rimasto ‘appiccicatò, l’ha forse ottenuta adesso quando dice che «me ‘vojonò bene pure i laziali», un riconoscimento meritato per l’ex ragazzo di Nettuno che il pallone strappò al baseball («ci sapevo fare, mi volevano in America a Santa Monica, mio padre disse no») e che è sempre stato un campione anche di sincerità, disponibilità simpatia. Il successo e il denaro non lo hanno cambiato, è rimasto ‘Brunettò, figlio di operaio («mio papà Andrea ‘malatò per la Roma») e nell’animo ancora ragazzo come ai tempi in cui, prima di essere preso dalla società dei suoi sogni, venne scartato dal Mago Helenio Herrera, che giudicò troppo piccolo, e inadatto al calcio, quello ‘scricciolò alto appena 1.65 ma che con il sinistro già pennellava magie.
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