AS ROMA De Rossi: “Mi sembra strano vestire in borghese e non avere lo stemma della Roma sul cuore”

De Rossi
De Rossi

Queste le parole di Daniele De Rossi al programma Slide Show, durante il quale gli sono stati mostrati degli scatti riguardanti la sua vita privata e la sua carriera da calciatore:

Da piccolo, con i genitori.

“Due persone che non potrò mai smettere di ringraziare, per quello che mi hanno insegnato e soprattutto per come mi sono stati vicino sempre, sia che facessi scelte sbagliate o meno, che fossero previste o meno. Non sono stati mai a rinfacciarmelo ma mi hanno aiutato a ricominciare, non potrò mai ringraziarli abbastanza”.

Con l’Ostia Mare.

“Nonostante io non viva più ad Ostia, è una delle mie prime squadre. Erano 2-3 anni che avevo iniziato, tra questi ragazzi ci sono i miei primi amici di infanzia, c’è un ragazzo che non c’è più e mi trema la voce solo a guardarlo. C’è tutto quello che è stata la mia prima adolescenza, l’Ostia Mare è una cosa a cui sono legato, inquadrano i miei parastinchi con quello stemma. È stato tanto, una cosa che non sanno in tanti è che sono stato preso dalla Roma tre anni prima di quando sono venuto, non andai per due anni consecutivi perché volevo stare con i miei amici, lo vedevo come un gioco, può essere paragonata alla mia carriera, non sono voluto andare in altri posti più ambiziosi com’era la Roma all’epoca, basti vedere il campo che qui è in terra. Quando ci sono stati interessi più grandi ho confermato la stessa scelta”.

Da piccolo, con la divisa della Roma.

“Mi viene da ridere, sembrano foto di un secolo fa. Mi sento giovane ma sfioriamo il bianco e nero. La Roma è sempre stata parte integrante della mia vita, non riconosco neanche la casa ma riconosco una delle mille foto che ho con questo completino che per mesi e mesi è stato il mio unico abbigliamento, tipo Homer Simpson. Mi sentivo uno di loro, era l’epoca di Conti, Voeller, miti che restano tali nonostante la Roma continui a offrire giocatori incredibili. Non c’erano altri vestiti che potessi preferire”.

Rudi Voeller e Giuseppe Giannini.

“In questa foto ci sono due grandi idoli, il primo mi ha levato la vita, ero totalmente innamorato di lui ed è Rudi Voeller, che ho avuto la fortuna di conoscere. È stata una piacevole conferma, è una persona incredibile. Da giocatore è stato un grande, è una cosa che possiamo dire anche di Peppe Giannini, grandi in una Roma che non era grande come loro. In una Roma come quella di adesso sarebbero state esaltate le loro doti. Mi sento un po’ come Giannini, è stato una vita alla Roma, ha dato il sangue ed è stato costretto a lottare anche per la retrocessione. La Roma deve amare i giocatori che ti fanno vincere lo scudetto e andare avanti in Coppa dei Campioni, ma non deve dimenticare anche questi qui”.

De Rossi raccattapalle.

“Un altro dei momenti che non dimenticherò mai, vivevo per fare il raccattapalle, era quasi come giocare con loro. Credo che se lo chiedi ai ragazzi che lo fanno, ti risponderanno la stessa cosa. Ti passano davanti nel sottopassaggio ed è un continuo spettacolo, un continuo scoprire briciole di calcio vero, che speri e sogni di fare. Quando facevo il raccattapalle non è che non fossi tifoso, ma ero affascinato anche dagli avversari che vedevi di meno. Ogni tanto trovavi Baggio o Ronaldo, rischiavi pure, ricordo una volta che rischiai di prendere una cinquina da Sebastiano Rossi perché la Roma vinceva”.

Con gli Allievi.

“Questa è la foto di una formazione delle nostre giovanili, Allievi Nazionali. Ci sono giocatori che possiamo intuire,  Pepe, Aquilani. Il primo campionato da titolare, con persone che nella mia via hanno svolto un ruolo fondamentale. In mezzo alla foto c’è Mauro Bencivenga, il primo allenatore che ha creduto in me, che ha preso questo attaccante con capelli discutibili, secco, magro, leggerino e l’ha messo a fare il mediano. Io per primo lo guardavo dubbioso, evidentemente ci sono persone che hanno una dote, un tocco diverso. Lui lo ha avuto, ha visto oltre e mi ha cambiato vita e carriera. Ci sono in basso Emanuele Mancini e il portiere Simone Paoletti. Da prima di allora sono i miei migliori amici, Lele l’ho citato poco fa, Simone non è da meno. Tra le persone più importanti della mia vita, al pari dei miei familiari. Se non li sento per 4-5 giorni sono nel mio cuore”.

Al torneo di Viareggio, scherzando coi compagni.

“Era qualcosa di incredibile, l’ho fatto tre volte, non siamo mai andati benissimo. Era questo che ci piaceva, le parate, le passeggiate sul lungomare, la vita dei calciatori veri che vanno in ritiro per un torneo che a quell’età odora di Champions o di Mondiale. C’erano tante altre foto senza parrucche, evidentemente mi piaceva questa, lo accetto”.

Prima convocazione.

“La prima panchina in A, l’anno dello scudetto, nello stadio che vede Montella ora fare l’allenatore. Ora sono un po’ vecchiotto, certe tappe non le dimentico. Ricordo tutto quello che adesso faccio, che mi sembra una cosa più normale del mondo, mi sembrava troppo più grande. Quella partita dovevo andare in tribuna, prima della partita il dottore ci chiese dei medicinali presi, un mio compagno si era preso una cosa per il raffreddore e il dottore gli disse che rischiava di essere dopante. Capello era più interessato ai giocatori della prima squadra, si girò per dire di portare me, era preso dai campioni che ci diedero la gioia gigante dello scudetto. Perdemmo, girava voce che Capello fosse scaramantico, pensavo non mi avrebbe più portato. Abbiamo visto che grande allenatore è, ha smentito questa sua scaramanzia e mi ha tenuto fino a farmi diventare quello che sono”.

Sensi e Capello.

“Inizio con Capello, un allenatore particolarissmo, burbero, ma che quando lo conosci ti sa dare qualcosa dal punto di vista affettivo. Sicuramente un uomo rigido, un uomo che mi ha dato tanto dal punto di vista dell’educazione. Ogni giovane dovrebbe crescere almeno un paio d’anni e fare il salto con lui. Non ti permette certi atteggiamenti comprensibili e innocui, te li stronca sul nascere. Sono uomini di un’altra epoca che allenano in modo egregio, dal punto di vista umano mi hanno aiutato tanto, ti mettono dentro un chip che ti fa pensare a non sbagliare, a non allargarti, a portare rispetto agli anziani. È stato fondamentale, in questa foto stringe la mano a Sensi, una persona incredibile, con un umorismo fine e delicato. Ha fatto anche il mio primo contratto, mi ha fatto diventare ricco, a livello venale non posso dimenticarlo. Una persona divertente e umana, ce l’aveva coi procuratori, a volte mi ha imbruttito. Mi diceva che i procuratori servono alle pippe e che io non ero una pippa, che i procuratori volevano rubarmi i soldi. Si avvelenava per queste cose, ma mai con fare aggressivo. In maniera paterna”.

Il primo gol in A, contro il Torino.

“Questo è il mio primo gol in Serie A, una delle ultime di campionato, partita che contava zero, né noi né loro ci giocavamo nulla, io moltissimo. Ho giocato titolare con lo stesso animo e la stessa emozione con cui ora gioco i derby e le gare importanti di Champions League. Volevo lasciare il segno, ero giovane ma sono ambizioso, quell’anno sembrava che potessi giocare, ma giocai pochissimo. L’anno dopo sapevo che sarei dovuto andare in prestito, poteva essere un modo per farmi notare e per dire ai tifosi della Roma, all’allenatore e al presidente che potevo rimanere. L’esultanza fu emblematica, disse er regazzino. Lì si accorsero che potevo starci”.

Italia-Croazia, Under 21.

“Partita decisiva, perdemmo la prima con la Bielorussia (io non giocai), battemmo la Serbia e dovevamo vincere. Facemmo una partita italianissima, fummo presi a pallonate, giocarono una partita memorabile, bastava loro il pareggio. Fu espulso Del Nero, feci gol io su un calcio piazzato, il gol che ci portò alle semifinali di quell’Europeo che vincemmo. Inizi a giocare nelle giovanili e poi sali, questa è l’anticamera della Nazionale”.

Il gol a San Siro per la Supercoppa.

“San Siro mi mette i brividi, uno stadio incredibile, maestoso. Ci ho giocato, segnato e vinto tante volte, in questo caso ho appena segnato il rigore della vittoria della seconda Supercoppa della storia della  Roma, quella palla pesava un quintale. Tiro, parata, palo gol. Anche nel gesto fu un brivido, questo è l’urlo che mando ai miei tifosi lì, che erano 15mila. Anche questo giustifica la mia faccia un po’ deformata, si vedono ‘ste vene delle quali si parla parecchio, i tifosi si divertono a giocarci, è una cosa di conformazione. Un segno distintivo che però sta a descrivere quanto io sia contento quando faccio gol e quando segni la mia squadra, il perché lo possiamo ricordare”.

Spalletti.

“Questo è un altro genio, a mio avviso, che ho trovato sulla mia strada. Un allenatore incredibile, abbiamo iniziato il nostro rapporto il giorno che era nata Gaia. L’ho chiamato e gli chiesi un giorno per dormire con mia figlia appena nata, non c’erano partite imminenti, ero convinto che mi avrebbe dato i giorni liberi. Mi disse di dare un bacio alla bimba e di venire a Trigoria. La prima settimana lo odiavo, avere una bimba ti manda fuori di testa. Dovevo stare in ritiro e non potevo vederla. Per quanto bene gli voglio, la prima cosa che penso è quanto l’ho odiato. Ho conosciuto una persona meravigliosa, ho avuto 3-4 anni di tempo per conoscere un allenatore geniale, che ha preso una squadra in difficoltà e l’ha portata nelle prime 8 d’Europa. Attento a ogni dettaglio, gli voglio un bene incredibile, quando stava allo Zenit guardavo le partite sperando che potesse fare bene, se lo merita lui e il suo staff. Cito Marco Domenichini, una persona di una bontà e di una conoscenza calcistica incredibile, un’esperienza che credo tutti i romanisti ricordino con affetto. In quegli anni mi consacrai”.

Madrid.

“Con la mia solita esultanza serena e pacata, una vittoria nello stadio più importante e conosciuto del mondo, una partita in cui partimmo svantaggiati, eravamo visti come una vittima sacrificale. Si parlava di una passeggiata del Real, vincemmo lì e vivemmo una serata pazzesca e un rientro con un fiume di gente che aspettava. Quanto fosse importante vincere lo dimostrano i miei occhi, abbiamo fatto una cosa di gigante, non è stata la prima né l’ultima volta”.

Il gol all’Inter.

“Una stagione che ricordo con un pizzico di amarezza. Qui ho appena segnato all’Inter, a un metro dalla linea, era lo scontro diretto, la partita che ci diceva se potevamo stare attaccati a loro fino alla fine. Ha segnato anche il signore dietro di me (Toni), in quell’occasione ho baciato questo stemma che è un pezzo del mio corpo, mi sembra strano quando sono vestito in borghese e non ho quello stemma addosso, lo indosso da quando ho 12 anni e cerco di onorarlo”.

Roma-Sampdoria.

“La partita che ha ucciso i nostri sogni, il filotto dell’Inter era molto probabile. Partita iniziata nel modo migliore… il ricordo più brutto della mia vita calcistica. Non accetterò mai il fatto di aver vinto quello scudetto, eravamo una squadra forte. A Firenze soffrimmo e vincemmo con una zampata dei campioni davanti, anche lì partimmo bene, segnò Francesco e c’era un rigore, eravamo nervosi, lo stadio era elettrico, avevamo immagazzinato l’elettricità, discutemmo nello spogliatoio. Quel nervosismo ci costò caro, prendemmo due gol in contropiede, fu una serata che purtroppo no ndimenticherò mai”.

Sotto la Curva Sud dopo un derby.

“Pochi giorni fa ho visto sul web che un ragazzo si è tatuato questa immagine. Era un derby, mi dispiacque solo che per quella partita parte della Sud rimase fuori, non ricordo per quale motivo. Feci questo omaggio a loro quando non c’erano, era un momento di grande gioia come lo è sempre quando vinci un derby. Menomale che c’è quel cancello, rischiavo di perdermi tra loro. Quando vinco il derby perdo la testa”.

Con un giocatore di Football Americano

“Mi piacciono questi sport, nel calcio europeo stiamo a livello altissimo ma anche loro sanno fare bene le cose, dobbiamo attingere dallo sport americano. Hanno una grande organizzazione, grande rapporto con i tifosi, vorrei concludere la mia carriera oltreoceano, voglio vivere in America, spero di poterci riuscire. Da quando sono piccolo mi affascina il Boca Juniors, è improbabile ma mi affascinerebbe come esperienza”.

Con il libro “Shantaram”

“Il libro più bello mai letto, 1300 pagine, ho la passione dell’India, grazie a questo libro ho ripreso a leggere molto, prima giocavo molto con la Playstation. Ho tramandato anche a mia figlia la passione della lettura”.

Con la famiglia

“Qui stiamo tutti insieme, non so che dire, amo i miei genitori e li amo perché significano tanto per Gaia (la figlia di De Rossi, ndr). Ludovica, mia sorella, non mi ha mai chiesto niente, gioco le partite e lei passa davanti al pc come se non fosse accaduto niente ma mi ama tantissimo, le chiacchiere che mi riguardano non l’hanno mai toccata”.

Con la nuova compagnia, la figlia Gaia e l’altra figlia Olivia

“Non ringrazierò mai abbastanza Sarah, ha preso mia figlia Gaia e l’ha trattata come fosse sua figlia, non la ringrazierò mai abbastanza, è una serenità che non ha eguali”.

Il rigore alla Francia

“Il momento più alto della mia carriera, il momento importante avviene 5 minuti prima, tutti parlarono male di me per quella gomitata, tutto il mondo vide quella gomitata. Dopo quella gomitata io, a 22 anni, sono andato da Lippi e gli dissi di calciare il rigore. Bellissimo averlo segnato e aver vinto la Coppa, la cosa veramente grande è stata prendersi la responsabilità, della mia espulsione non se lo ricordava nessuno ormai, il mister è stato freddo a concedermi tale possibilità”.

Con la Nazionale

“Sono legatissimo all’Italia, a Roma un po’ si snobba, la Nazionale l’ho messa subito dopo la Roma, mi sento tanto romano quanto italiano, staccarmi da questa maglia sarà difficile”.

Il giorno del rinnovo con la Roma

“Momento clou della mia vita, ho tentennato nonostante il mio desiderio fosse quello di rimanere qui, andateci voi a fare un contratto con quel signore (Baldini, ndr). È un dirigente forte, è andato bene nella prima esperienza a Roma, non nella seconda. Ho sempre un buon ricordo di lui”.

Con la Curva Sud

“Quando entro in campo e guardo a destra vedo questa Curva che per me conta tanto, non posso pretendere che tutti siano legati a me, io invece lo sono anche con chi non mi ama, guardando questa curva so che mi vogliono bene”.

Con Francesco Totti

“Nasco suo tifoso, gli voglio tanto bene, come alla Sud. Da piccolo lo guardavo da lontano, ero estasiato nel guardarlo. Abbiamo due caratteri diversi, spesso siamo in disaccordo, abbiamo litigato per bene un paio di volte, ma come fratelli ci siamo riamati come il giorno prima. L’affetto che mi lega a lui è quello più grande che ho a Trigoria, sono 15 anni che stiamo alla Roma insieme, è parte stabile della mia vita. Per parlare del giocatore dovremmo stare qui fino a domani, fa cose incredibili a 38 anni, quando parlo di privilegi mi riferisco anche a lui, è un giocatore che non nascerà mai più”.

Con Garcia

“Dopo il 26 maggio ci ha fatto vincere il derby, era delicato giocare quella partita. Il mister è stato un abile psicologo, per tutto l’anno ha creato un entusiasmo incredibile dopo il punto più basso della mia carriera probabilmente. Loro erano di nuovo a testa bassa e noi a testa alta. Due partite prima con il Verona c’era una bolgia clamorosa, tutto questo lo dobbiamo a lui, ha creato questa atmosfera sin dalle prime interviste. Garcia porterà la Roma sul tetto d’Italia”.

Con Pallotta

“È un po’ matto, è giovanile, lo abbiamo conosciuto a sprazzi, lo abbiamo visto poche volte all’inizio, ora di più e lo vediamo attaccatissimo. È simpaticissimo, sta facendo una gran cosa a livello manageriale, mi fa piacere incontrarlo ogni volta che viene a Roma, è divertente, puoi parlarci di tutto”.

Con Bonucci e un guardalinee

“È difficile ammazzarci in campo con un compagno di Nazionale. Gli arbitri, i guardalinee sono la nostra storia, ci sono stati episodi che dobbiamo superare. Il prossimo 2 marzo dobbiamo battere la Juventus e conquistare punti per lo scudetto. Quest’anno possiamo arrivare in fondo, possiamo lottare con la Juventus, delle volte mi mangerei gli arbitri, ma il loro è un mestiere difficile”.

La coreografia dell’ultimo derby

“Mi ha tolto il fiato, ricordo con affetto il rigore sbagliato a Manchester con Spalletti, ma questo è stato un gesto ponderato, lo hanno scelto tutti, la Curva ha deciso di mettermi con i grandi della Roma, alla sinistra di Di Bartolomei, mi è dispiaciuto molto non conoscerlo, non posso avere testimonianze dirette, ma stare lì vicino a lui è uno spettacolo”.

Fonte: roma tv

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