Le matite volute da Rudi Garcia, la scritta sul casco dello sciatore Pinturaut, il pallone della Pro Sesto. E poi il silenzio sui campi francesi e le fasce nere sul braccio dei giocatori. Lo sport stavolta ha un solo rivale: «Je suis Charlie» è la frase che scorre da un capo all’altro del mondo, sulle nevi di Adelboden come sui parquet dell’Nba, nella sala stampa di Trigoria e sugli spalti di mezza Francia, per dire no al terrorismo e rendere omaggio alle vittime della strage al settimanale satirico Charlie Hebdo, che ha gettato nel terrore Parigi e la Francia intera.
Il tecnico della Roma, alla vigilia del derby con la Lazio, ha voluto lasciare un segno facendo trovare in sala stampa delle matite, divenute simbolo della libertà di espressione: «Sono francese e siamo in lutto. Il mio è un gesto di solidarietà per il mio Paese. Dobbiamo essere tutti uniti in questo momento – ha esordito l’allenatore giallorosso, anche lui mostrando il cartello con la scritta solidale ai vignettisti uccisi – è stato un attacco alla libertà d’espressione. Noi facciamo come i giornalisti di Charlie Hebdo, facciamo in modo di divertire la gente, col calcio. Per questo mi sento uno di loro, dopo questa tragedia siamo tutti Charlie».
Fonte: ansa
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