(D. Stoppini) – La gara di ieri sera è stata caratterizzata, oltre che dai gol di Totti e Berezoutski, anche da tutta una serie di elementi di contorno. Il freddo si è fatto sentire, così come i tifosi russi, sia quelli che sono riusciti ad imbucarsi, sia quelli che da fuori lo stadio sostenevano la loro quadra. O ancora oltre, alla Roma che in albergo subito dopo la cena cerca disperatamente una tv dove seguire Manchester City–Bayern Monaco.
I TIFOSI E IL FREDDO Ecco tutto quello che c’è stato dietro Cska Mosca Roma, accompagnata da un principio di nevicata nel secondo tempo che non fa mai male, almeno non quanto la rete beffa di Berezutski. Diceva Rudi Garcia alla vigilia: «Sarà strano giocare senza tifosi, questo non è calcio».Tranquillo, mister. È stato calcio, perché i tifosi c’erano eccome. Ce n’erano 200, forse qualcuno in più: gli sponsor hanno distribuito bene la loro dote di tagliandi, se n’era lamentato pure il Bayern che aveva scritto una lettera all’Uefa in merito. Contro il City pare sia andata meglio, sotto questo punto di vista. Di sicuro ieri la Khimki Arena si è riempita anche di… famiglie con bambini, di tè caldo e di hot dog a fine primo tempo per calmare la pancia e lo spirito. Buon per gli ultrà del Cska, altro che tifosi vip, se è vero che dal settore dietro le panchine a metà ripresa è pure partito il coro «Roma Roma vaff…», in un italiano davvero invidiabile. Di più. Perché subito dopo il fischio d’inizio centinata di russi hanno cominciato a tifare al di fuori dallo stadio: tutto lecito, molto colore e un po’ di calore. Risultato? Cska almeno supportato, Roma sola e infreddolita. Poi alzi lo sguardo e ti accorgi che nel primo tempo c’è un solo giocatore giallorosso con le maniche corte: Keita, che sei giorni prima segnava in Mali il gol qualificazione per la Coppa d’Africa. Pensi: sarà un caso. E allora come spiegare che nel secondo tempo l’altro africano, Gervinho, si mette a imitare il compagno e rientra anche lui con le braccia scoperte? Voglia di correre, voglia di vincere, il freddo si sente il giusto, non di più.
IN ALBERGO Si sentivano relativamente anche le urla dei giocatori in campo, tanto era il chiasso in tribuna. Ma una voce si distingueva bene, era quella di Totti. Quegli «aho’» urlati ai compagni per chiedere il pallone nel secondo tempo, quando la Roma faticava a salire. Quegli altri «aho’» all’arbitro, che era sì tedesco ma hai visto mai. Poi il capitano si è ammutolito. In albergo con i compagni ha cercato invano una tv per seguire il secondo tempo di Manchester: la hall, poi tutti al primo piano. Solo cattive notizie, dall’Inghilterra. E il ritorno al piano terra con le facce pensierose. Ma una certezza c’è: il 10 dicembre l’Olimpico sarà pieno. Altro che gli imbucati della Khimki.
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