L’ex vicepresidente della Figc, Demetrio Albertini, candidato uscito sconfitto dalle ultime elezioni federali “contro” Tavecchio, ha rilasciato una lunga intervista riguardo la Figc e il calcio italiano attuale:
Dopo questa elezione di Tavecchio, il pubblico ha decretato che non è cambiato nulla. E se qualcosa è cambiato, è cambiato in peggio. Perchè l’Italia ancora una volta si è voluta fermare un passo prima della svolta?
“Questo non lo so. Sinceramente rispetto la democrazia e quindi il voto. Credo che anche i risultati delle nostre squadre non siano il frutto di un’elezione di Carlo Tavecchio di due mesi fa, credo però che si sia intrapresa una strada da diversi anni, votata soprattutto a un mercato e non alla costruzione in casa dei nostri talenti. Voglio solo ricordare che le nostre squadre hanno comprato alcuni giocatori dalle seconde squadre degli altri Paesi e quindi negli altri Paesi costruiscono e mantengono i talenti nel proprio campionato, mentre noi quando riusciamo a trovarne qualcuno buono – devo dire raramente – lo vendiamo all’estero. Quindi stiamo formando dei giovani o comunque dei calciatori futuri buoni, ma per campionati magari più gloriosi in questo tempo. Io credo invece si debba essere innanzitutto autosufficienti in ogni categoria a livello economico, perchè non bisogna dipendere esclusivamente dalla Serie A o qualche volta anche dai contributi della Figc, ma poter creare e riaprire un mercato interno che darebbe vita a un autofinanziamento delle categorie inferiori e alla costruzione dei buoni calciatori. In poche parole, bisognerebbe ritornare a fare i bilanci formando i buoni giocatori e vendendoli all’interno del nostro sistema”.
L’unica società dalla Serie A alla Lega Pro con i conti in regola è l’Udinese della Famiglia Pozzo perchè fa un tipo di business diverso dagli altri, ovvero acquista a uno e vende a dieci….
“Personalmente non sono d’accordo. Nel senso che il nostro calcio è un calcio tanto appetibile per quanto riguarda le televisioni, perchè siamo secondi come vendita dei diritti televisivi solo all’Inghilterra. Quindi superiore alla Spagna, superiore alla Francia e superiore alla Germania. Il problema è come li spendiamo questi soldi: io credo che sinceramente in questo momento, il valore del nostro campionato, a livello economico, non è rappresentato esclusivamente dai giocatori o dalle squadre, se siamo qui anche a fare un po’ di mea culpa e a pensare a quello che potrebbe essere il futuro; vuol dire che la qualità delle nostre squadre, a confronto di quelle europee, non è in tante occasioni all’altezza. E quindi credo che il vero valore del nostro calcio è la passione della gente – che quindi è anche un valore economico – che va salvaguardata”.
Un presidente che si presenta ed è squalificato dal calcio europeo…
“Non lo so, l’ho già detto in altre occasioni, in un mondo normale, quello che è successo, le sanzioni della Fifa e della Uefa, sono un qualcosa di normale. Ci ha messo in difficoltà a livello internazionale e anche le squalifiche che sono arrivate – l’ultima quella della Fifa – lo dimostrano. Poi sinceramente dopo la squalifica si può proseguire”.
Già ti squalificano, già parti male, il mandato dura solo due anni…
“E’ vero, ma c’è una democrazia e quindi c’è un sistema che porta a votare dei presidenti delle società, dai dilettanti ai professionisti, alla Serie A. La famosa frase detta, è stata detta prima delle elezioni. Quindi tutti sapevano quello che sarebbe successo, eppure è stato votato – non so le motivazioni – perchè si è ritenuto idoneo per fare il presidente. Punto”.
Comanda più Tavecchio o più Lotito in questo sistema calcio italiano?
“Io credo Lotito. Lui ha il suo modo di fare, il suo modo di essere che è esuberante. Porta avanti le sue idee. Lui rappresenta sicuramente gran parte della Serie A, non tutta, ma una parte della Serie A, quindi è stato nominato come rappresentante in Federazione. Formalmente, dunque, ha tutto il diritto di portare avanti le idee. Quello che dico è che teoricamente dovrebbero essere quelle di tutte e non solamente le sue”.
Ti piace come si comporta Lotito agli occhi di tutti?
“Alcune volte può risultare simpatico, nella maggior parte delle volte no”.
Quando ti risulta simpatico?
“Sinceramente in alcune situazioni che sono capitate anche in Federazione a me è risultato simpatico. Poche volte, però sinceramente ci sono anche questi momenti”.
Come mai il suo ultimo tweet è datato 12 settembre ed è abbastanza emblematico in merito a quello che è il suo pensiero? “L’ultima sessione di mercato con oltre mille operazioni e rose assurde ci insegna che non si guadagna più a vendere ma a comprare”, aveva scritto. Perchè non ha interagito più con i suoi followers?
“Sinceramente era un tweet nato quasi a livello istituzionale per quanto riguarda la mia campagna elettorale. Ho mantenuto i contatti proprio in quelle occasioni, era proprio nato con la mia conferenza stampa fatta a Milano, per mettermi a disposizione nell’eventualità ci fosse stato un appoggio. Credo sia un po’ il riassunto quello che è stato letto: l’ultima sessione di mercato aveva più di mille movimentazioni, negli ultimi due anni ci sono state più di 2500 movimentazioni. Quindi capiamo che la formazione di squadre a livello sportivo diventa difficile cambiando sempre tanti giocatori ogni anno”.
Buoni rapporti con la dottoressa Barbara Berlusconi, non eccezionali, nonostante il passato rossonero, con Adriano Galliani, non ben visto da Claudio Lotito e probabilmente beffato da qualcuno che prima ha fatto una faccia e poi ne ha fatta un’altra… il presidente della Lega di Serie B Andrea Abodi.
“Un buon riassunto (ride, ndr). Galliani sicuramente non mi ha sostenuto come pubblicamente ha detto, ma i rapporti non sono sicuramente negativi come è stato detto in sintesi. Abbiamo visioni diverse o forse sono tempistiche diverse”.
Saresti sceso a patti con Galliani e Lotito pur di governare il calcio italiano?
“Non è questione di scendere a patti, è di condividere un progetto, di condividere un cambiamento. Quando si cerca di trovare la verità bisogna essere anche pronti a sostenere o comunque ad accettare quello che uno non vorrebbe mai sentirsi dire. Credo che in questo momento il nostro calcio è improntato esclusivamente su un mercato, su un mercato magari non di qualità, invece io credo che per tornare ad avere gli stadi pieni, ad avere un sistema che funziona, bisogna assolutamente poter riaprire un mercato di qualità soprattutto interno”.
Al momento della candidatura avevi degli appoggi. Una volta candidato, questi appoggi sono venuti meno.
“Quando sei in campagna elettorale ci sono dei dialoghi continui con delle persone, soprattutto con alcuni presidenti, alcuni presidenti anche di Lega, di società, che poi si sono rivelati differenti dai dialoghi fatti”.
Parlavamo di presidenti di Lega: o Beretta….
“No, mai parlato di Beretta”.
O Macalli di Lega Pro…
“No”.
O Abodi della Lega di Serie B…
“Sì”.
Abodi sosteneva Albertini. Albertini si candida consapevole del sostegno dell’Aic, che è stato totale dal primo momento, ma anche della Lega di Serie B, poi invece la Serie B cambia…
“Senza entrare nel merito di quello che può essere il pensiero di un presidente della Lega come Abodi, che poi rappresenta altri presidenti della Serie B, quindi non è solo suo, era un dialogo diretto con lui, poi invece si è tramutato in una situazione completamente diversa dalle parole che ci siamo detti. Guarda, quando ci sono alcuni presidenti, soprattutto di Serie A, che ogni cinque minuti cambiano idea, diventa difficile poter programmare, ma non personalmente, per il nostro calcio. Loro si reputano la Confindustria del calcio e lo sono, perchè hanno grande responsabilità per il nostro calcio, di traino, ma se non hanno le idee chiare su dove vogliono arrivare, diventa difficile. Io ho sempre detto anche nel mio programma che la prima cosa è mettere l’obiettivo e poi trovare la condivisione per il percorso verso l’obiettivo. Ma mi sembra che ultimamente, anche nella mia candidatura, nella mia campagna elettorale, parlando con diversi presidenti, non ci sia questo obiettivo. Quindi spero e mi auguro per il calcio italiano che la Serie A trovi l’obiettivo comune per poter essere da traino verso questo obiettivo anche per le altre leghe”.
Se c’è una cosa che ha sbagliato, l’ha sbagliata strategicamente nella sua campagna elettorale? Come si pone davanti al problema extracomunitari e se avesse una scaletta con tre sole cose da fare, quali sarebbero le tre cose da fare urgentemente nel calcio italiano?
“Riguardo quello che posso aver sbagliato o forse non ho sbagliato in campagna elettorale… ho sbagliato precedentemente, che ho lavorato per le istituzioni o non lavorato, perchè sembra un lavoro, ma io non ho perso un lavoro, ma ho perso un posto che sinceramente mi ha dato tanto: penso tuttavia di aver contribuito in questi anni ai rapporti politici, nazionali e internazionali della nostra federazione. Perchè la federazione magari non ha una forza economica, ma ha una forza istituzionale importante, di rappresentanza. La Federazione è un senso di appartenenza per tutto il mondo, dai dilettanti fino alla Serie A, dai calciatori, agli allenatori. Forse non aver fatto politica precedentemente per poter accaparrarmi…. chiamiamoli voti, quello poteva essere un errore. Però ricordo anche che io prima del Mondiale mi ero dimesso, quindi non sapendo cosa sarebbe successo al Mondiale, proprio perchè credevo che un percorso futuro, di candidatura eventuale, fra due anni – perchè doveva essere fra due anni – poteva essere un percorso fatto esternamente e non magari internamente, potermi dedicare quindi anche esternamente all’AIC, quindi alla mia parte politica. Questo era il primo passaggio. Sugli extracomunitari, non è solo una questione economica, ci vorrebbe una commissione di qualità, più che una commissione tra comunitari ed extracomunitari. Volevo terminare il mio percorso istituzionale-politico con una candidatura, visto che ero nelle condizioni di farlo, con degli appoggi anche importanti. Essere appoggiato dai calciatori e dagli allenatori prima di tutto, e poi successivamente anche dagli arbitri e da metà Serie A, credo sia una rappresentanza importante, e questo me lo devo sentire addosso anche oggi. Però ho voluto mettere un mio pensiero su quello che poteva essere il calcio nelle sedi opportune, che è l’assemblea elettiva del calcio, quindi non solo in televisione, ma alla fine una cosa scritta nero su bianco. Nel mio programma dico che il vero problema per la nostra Nazionale oggi non sono gli extracomunitari con il blocco: oggi sinceramente, per quanto riguarda la qualità, ben vengano anche gli extracomunitari di qualità. Se vogliamo difendere la Nazionale, dovremmo fare come i tedeschi, che non hanno nessun obbligo, nessun vincolo di acquisto di extracomunitari, ma difendono il loro patrimonio interno. Eppure vincono sia con le Nazionali che con le squadre di club. Quindi l’aspetto degli extracomunitari oggi è regolato da una legge dello Stato, non esclusivamente da una legge sportiva. Quindi credo che quello sia già il regolamento interno a livello di Stato, della nostra legge. E’ un falso problema quello degli extracomunitari per la tutela della Nazionale. Per quanto riguarda le tre cose da fare, la federazione è fatta dal presidente, ma soprattutto dal Consiglio federale: se avessi preso i voti, avrei portato avanti le mie idee, quelle che sono scritte nel mio programma. Un aspetto importante per quello che riguarda il mercato interno è formare i ragazzi. Quindi io non credo a l’obbligatorietà dei giovani in campo, perchè non è con la quantità che si formano dei buoni giocatori, ma credo che le seconde squadre o addirittura delle convenzioni sportive – come quello che sta succedendo quest’anno a Prato con l’Inter, che è un progetto sportivo, non un progetto amministrativo-commerciale – sarebbe importante per il nostro movimento. Lo fanno cinque Nazioni e qualcuna di queste Nazioni nel ranking ci sta anche superando. Esistono in Portogallo, esistono in Spagna, esistono in Francia, esistono in Inghilterra ed esistono in Germania, ognuno con modalità diverse. Creare una formazione dei giovani differente, quindi non per forza copiata dagli altri, però quello sarebbe importante. La seconda cosa, la possibilità di togliere l’obbligatorietà, avere Coverciano come centro strategico per la formazione degli allenatori da diramare sul territorio. Anche Carlo Tavecchio ha parlato sempre di centri di formazione, io non parlo di centri di formazione perchè quello avviene in Germania, ma parlo di punti di riferimento per il nostro centro tecnico di Coverciano per andare sul territorio, proprio per formare gli allenatori, gli educatori per i nostri giovani. L’avevo divisa in tre punti, credo che un punto importante potesse essere anche quello di rivedere la formazione o comunque le percentuali del nostro Consiglio federale perchè chi non lo sa, chi non si intende di politica sportiva, voi dovete sapere che la Lega Pro, più la Lega Dilettanti, fanno il 51%, quindi avrebbero la facoltà di decidere il presidente con il 51%. Però per come è strutturato il Consiglio federale, quel 51% avrebbe diritto a 10 consiglieri federali, contro – diciamo l’opposizione – a 11. Quindi è un’anomalia che secondo me va messa a norma o comunque in una situazione diversa. Con sicuramente la rivisitazione della forza politica che deve avere la Lega di A in un futuro strategicamente, anche proprio numericamente, all’interno della federazione”.
Che voto daresti a Tavecchio per questi primi mesi di operato?
“Devo dire la verità, non mi reputo una persona superficiale, quindi è veramente troppo poco tempo per poter dare un giudizio a Carlo Tavecchio presidente, in positivo o in negativo. Sinceramente sto a guardare, interessato, perchè è il mio mondo e lo amo, quindi credo vada dato il tempo necessario per poter operare nel miglior modo possibile”.
Le società che ti appoggiavano erano: Juventus…
“Non è che possa dire… (ride, ndr). Alcune erano dichiarate”.
Juventus, Inter, Roma e Fiorentina, Giusto?
“No, Inter no. L’Inter è sempre stata dall’altra parte”.
Ma si può parlare di franchi tiratori dell’ultimo momento?
“No, personalmente no. Nell’ultimo momento cosa vuol dire? Dell’ultimo giorno?”.
Dell’ultimo periodo…
“La mia campagna personale è stata fatta in 15 giorni, perchè ho consegnato il programma l’ultimo giorno disponibile, quindi più o meno 15 giorni prima”.
Io capisco la diplomazia su Tavecchio, anche se comunque…
“Non è la diplomazia, è quello che penso sinceramente. Ho detto che ci ha messo in difficoltà a livello internazionale con quella uscita, uno alla fine è rappresentativo, è il presidente, rappresenta tutto il movimento”.
E’ stato tutto lineare l’ultimo giorno?
“Mah… lineare … dipende cosa vuol dire lineare”.
Qualcuno prima ha detto “ti appoggio” e poi è andato dall’altra parte.
“No, io quando sono andato, sapevo già di partire da un 30% contro un 70% dall’altra. Alla fine la prima votazione, che era quella più importante, era 60 e 40 con le schede bianche. Quindi ad un certo momento, uno ha guadagnato il 10 e l’altro ha perso il 10 all’inizio, se si vuole leggere in politichese. Poi alla fine era normale che vincessero, visto che c’era questo sodalizio tra le varie leghe, a parte diverse squadre di Serie A, questo confermato anche durante il momento. Però credo che ci siano stati dei dialoghi continui in quel periodo, soprattutto di personaggi che potevano millantare alcune situazioni che poi si sono verificate nei fatti completamente opposte. Però non è stata una considerazione dell’ultim’ora”.
Cosa c’entra ancora con il calcio italiano Franco Carraro?
“E’ stato sicuramente sponsor di Carlo Tavecchio, sinceramente è ormai un dirigente di lungo corso, conosce i movimenti romani e non solo, anche quelli internazionali, quindi ha appoggiato pubblicamente, più di una volta Carlo Tavecchio, alla luce di un legame di diversi anni”.
Il tuo vecchio presidente Figc Giancarlo Abete ha alzato bandiera bianca. Secondo te è stata una resa strategica dopo il fallimento al Mondiale, oppure prima o poi Abete tornerà?
“Non credo sia dovuta al risultato negativo del Mondiale, credo che quando uno faccia il dirigente politico a livello proprio istituzionale l’aspetto tecnico è diverso, nel senso che la gestione vera è quella dell’allenatore per quanto riguarda l’aspetto sportivo, anche perchè la federazione al Mondiale ha appoggiato pienamente e condiviso in alcune situazioni le scelte di Cesare Prandelli. E’ vero che arriviamo da un Mondiale molto negativo…”.
Le cause del fallimento brasiliano…
Io credo non ci sia stato quel mix giusto tra giovani e vecchi, per quanto riguarda l’aspetto sportivo. L’aspetto organizzativo, con tutte le difficoltà che ci sono state e che c’erano in Brasile per l’organizzazione, le abbiamo vissute anche quotidianamente con tutto quello che è successo in Brasile, anche con le manifestazioni di protesta e la preoccupazione della Fifa e credo sia andata benissimo per quanto riguarda l’organizzazione della federazione. Per quanto riguarda l’aspetto sportivo, non c’è stato il mix giusto e non si è creato veramente quel gruppo o quella mentalità vincente che ti serve nel momento di difficoltà. E lì ci sono stati dei momenti di difficoltà”.
Avete gestito male Balotelli?
“Avete cosa vuol dire?”.
Voi come federazione, al Mondiale. C’eri anche tu, c’era Abete, c’era Prandelli…
“No, no, no, la gestione dello spogliatoio era data al 100% al mister e allo staff tecnico. Per quanto riguarda la federazione, Mario è stato gestito nel miglior modo possibile per quanto riguarda soprattutto gli aspetti mediatici. Credo che Mario non sia arrivato pronto mentalmente in quel momento per disputare il Mondiale”.
Prandelli è stato un errore?
“No, assolutamente no, anzi. Non dobbiamo dimenticarci il secondo posto agli Europei e un terzo posto alla Confederations Cup dell’anno dopo”.
Che senso aveva fargli il contratto se poi lui cinque minuti dopo è andato via?
“Per quanto riguarda i cinque minuti dopo, non potevo immaginarlo, devo dirlo sinceramente. E non perchè sono uno sprovveduto o perchè siamo stati sprovveduti, ma perchè ci sono stati dei cambiamenti repentini dopo il fallimento del Mondiale, e da lì nel giro di 15-20 giorni. Prandelli era un allenatore libero e non posso entrare nel merito delle sue scelte del dopo. Credo che Cesare avesse lavorato bene con tutto lo staff fino al Mondiale, diciamo fino a ridosso del Mondiale, sia a livello proprio tecnico che a livello di gestione mediatica”.
E’ un campione secondo te Balotelli?
“Mario Balotelli credo sia un giocatore che prima di tutto debba imparare a stare in una squadra, in gruppo. Quando riuscirà a stare con grande serenità e quindi con grande rispetto in un gruppo, riuscirà sicuramente a far vedere tutto il suo talento”.
Se fosse stato eletto Albertini, il ct sarebbe stato Conte?
“Io parlo sempre di condivisione e ho detto anche più volte che Antonio Conte era impossibile non contattarlo per vedere se ci fosse stata la condivisione”.
La tua alternativa quale sarebbe stata?
“Gli allenatori italiani che in questo momento sono senza contratto o che in quel momento erano senza contratto, erano allenatori molto validi, con esperienze nazionali e internazionali di alto livello. C’erano Conte, Mancini, in quel momento c’era anche Allegri, c’era Spalletti, c’era Zaccheroni che anche lui era arrivato da un Mondiale di un certo tipo. Credo che la cosa più importante sia la condivisione dell’obiettivo e sono sicuro che fare il ct sia molto diverso che fare l’allenatore di un club”.
Demetrio Albertini ha conosciuto il vero Milan, il vero Berlusconi, il primo Berlusconi, il Milan dei tre tulipani. Perchè quel Milan vinceva tutto?
“C’era prima di tutto una fortuna: quella di avere in casa 14 giocatori non italiani, ma di Milano. Eravamo proprio tutti di Milano, tanto è vero che Berlusconi una volta ha dichiarato che gli piacerebbe vedere una squadra al Milan formata tutta da giovani italiani. Per quello c’è bisogna di una programmazione, ma se ogni anno il Milan cambia come quest’anno quattro-cinque giocatori diventa difficile assemblarli nel modo migliore. Anche se credo che il Milan abbia dei buoni giocatori. Formare un gruppo non è così semplice. Poi c’era un senso di appartenenza fortissimo. Anche quello va ricreato, va ricreato in tante altre squadre. Credo che quella sia stata la forza degli ultimi tre campionati che ha vinto. E poi c’era in quel momento, ahimè, la possibilità di acquistare solo tre stranieri e si acquistavano degli stranieri molto forti”.
Godi della fiducia e della stima di Barbara Berlusconi. Cosa significa questo per il futuro?
“Non lo so. Mi fa piacere, quello sicuramente. Però la fiducia e la stima, sono cose reciproche che mi fanno piacere”.
Vorresti lavorare con Galliani?
“Da politico potrei risponderti che con i ‘se’ e con ‘ma’ non si può rispondere in questo momento”.
Potresti essere compatibile con Galliani?
“Non lo so, non è una domanda che mi sono fatto”.
C’è un Albertini in campo? E se c’è, chi è?
“Non lo so, lento come me, ne vedo tutti i giorni più veloci (ride, ndr). A livello proprio di caratteristiche, se vuoi paragonare, Andrea Pirlo è un talento straordinario e ho detto che è uno non del calcio moderno, ma rimarrà nella storia del calcio italiano e del mondo”.
Perchè si vince così poco a Roma?
“A Roma cosa vuol dire? La Lazio in pochi anni ha vinto due volte la Coppa Italia. Se pensiamo allo Scudetto, devo dire che la Roma l’anno scorso ha fatto un grandissimo campionato”.
Però si vince poco…
“Questo sinceramente non lo so, non credo nella situazione Nord-Sud o Roma-Milano, o Torino-Roma, io a questo non credo. La Roma quest’anno è attrezzata come lo era l’anno scorso per poter vincere lo Scudetto. Per quanto riguarda la Coppa Italia, c’è stata una finale poco tempo fa Roma-Lazio, quindi si sono meritati sul campo di arrivare alla finale. Ci sono altre piazze che vincono ancora meno”.
Le squadre italiane per poter andare un po’ più avanti in Champions cosa devono fare? Il cambio di modulo di Allegri potrebbe essere una soluzione? Un pochino più di coraggio….
“Non so se sia solo il modulo e basta. Io credo che si debba credere fortemente nelle proprie qualità e nelle proprie capacità che si hanno in quel momento, possono essere inferiori agli altri ma nel calcio, negli sport di squadra, puoi ribaltare qualsiasi pronostico”.
Il più grande campione con il quale hai giocato?
“Van Basten”.
Tavecchio arriverà alla fine del mandato?
“Secondo me sì. E’ stato votato con pieno diritto, quindi assolutamente”.
Albertini cosa farà da grande?
“Sono troppo giovane per pensarci”.
Fonte: Sportitalia