(A. Monti) – L’intervista uscita questa mattina sulla Gazzetta dello Sport con Morgan De Sanctis ha scatenato reazioni e contestazioni sui social network. Molte le violenze verbali e le volgarità, ma sono emerse anche alcune domande sollevate dai lettori che meritano una risposta.
La Gazzetta dello Sport non tifa e/o fomenta tensioni tra le vari fedi calcistiche. Fa semplicemente il lavoro che il lettore si attende: cerca e pubblica interviste, possibilmente esclusive, con i protagonisti dello sport. Il giornale ha le sue opinioni, e ne risponde, ma non può essere ritenuto responsabile di quelle legittimamente espresse dai suoi intervistati. Non ha il potere di censurarle né di influire sulla loro tempistica per ragioni di opportunità (se non in circostanze gravissime) o di opportunismo.
Nel caso delle vicende connesse a Juve-Roma, la Gazzetta ha plaudito e plaude al “diamoci una calmata” del presidente Pallotta e di tutti quelli che, sul fronte juventino e nel mondo dello sport, hanno sposato questa posizione. Ciò non toglie che le tesi di De Sanctis – pur discordi dalle nostre – siano espresse da un giocatore di rilievo con un ampio curriculum in azzurro oltre che in bianconero e in giallorosso. A questo si aggiunge un particolare non trascurabile: il portiere della Roma siede in rappresentanza degli atleti nel consiglio direttivo della Federazione Italiana Giuoco Calcio. Le sue opinioni posso non essere condivise e certamente criticate, ma sono rilevanti e vanno pubblicate.
Se ciò non avvenisse il giornalismo perderebbe ogni funzione. E la Gazzetta potrebbe chiudere i battenti ammainando la sua bandiera di autorevolezza (attenzione, non di infallibilità) di fronte al torrente in piena dei social media e al potere sfuggente di mille voci contrastanti gettate in rete. Con tutto il rispetto per il grande agorà digitale, dopo oltre un secolo di onorato servizio e indipendenza nel giudizio, non è quello che intendiamo fare.