Nella prima giornata di campionato il club che ha utilizzato più stranieri è stata la Fiorentina (13, di cui 11 titolari), quello che ne ha utilizzati di meno il Sassuolo di Zaza (due). E forse non sarà un caso che Zaza è stato protagonista in azzurro… Complessivamente, gli stranieri impiegati sono stati 157 su 278. Vale a dire il 54,3 per cento. Gli italiani sono in minoranza (la Fiorentina non ne ha impiegato nemmeno uno). Sempre più in minoranza. L’Inghilterra ci supera, 71,4% di stranieri. E difatti cosa ha combinato al Mondiale? Come mai i nostri calciatori vengono snobbati e si cerca sempre più di acquistare oltre confine? Una giustificazione, non sempre vera, è che gli italiani costano cari, i sudamericani meno. Non è così. C’è un mercato, a volte torbido, dietro a certi acquisti all’estero. Acquisti sospetti, soldi che finiscono chissà dove e attraverso chissà quali rivoli. Se ne parla da anni, ormai, di questa invasione di stranieri, ma ora (finalmente) si vuole mettere un riparo. Ben vengano i Tevez, gli Higuain, i Llorente, i Torres (se è quello di un tempo): ma ci sono troppi africani, sudamericani sconosciuti. Che non giocano mai o quasi mai. La soluzione, l’unica, è quella di ridurre le rose. Altre strade non sono praticabili: Platini ci aveva provato con il 9+9, Blatter con il 6+5. Niente da fare: la Comunità Europea non ne vuole sapere. Massima circolazione, nessun limite. Impossibile anche un gentlemen’s agreement fra presidenti (e quando si mettono d’accordo…). C’è sempre il rischio di un ricorso europeo a far saltare tutto. E allora? Allora bisogna fare come fa l’Uefa nelle sue Coppe: ridurre le rose. Un massimo di 25, con 8 giovani (homegrown players) cresciuti nel vivaio. Giovani (dai 18 ai 21 anni) di qualsiasi nazionalità, nati e cresciuti in Italia e che siano quindi selezionabili per le Nazionali italiane. Così si dà un po’ di ossigeno al nostro calcio. E’ logico che ci vorrà un po’ di tempo, almeno due anni: non si può obbligare i club a licenziare centinaia di calciatori. Lo stesso sindacato sarebbe contrario. Ma almeno così dovrebbero entrare solo stranieri (extracomunitari) di un certo livello, come succede in Inghilterra e come propone lo stesso Tavecchio.
Il futuro degli atleti dopo una carriera nello sport
Agonismo e orizzonte professionale, risultati sportivi e carriera che prosegue anche lontano da un campo d’allenamento. Si è tenuta presso la sala Marinozzi dell’Università di Roma “Foro Italico”, alla presenza del Magnifico Rettore, prof. Fabio Pigozzi, e del presidente del Coni, Dott. Giovanni Malagò, la cerimonia inaugurale della conferenza del network EAS (The European Athlete as Student) sulla Dual Career nello sport. Lo scopo dell’evento è stato quello di riunire ricercatori, studiosi e atleti provenienti da ogni parte d’Europa per confrontarsi sul diritto dell’atleta alla formazione ed alla riqualificazione professionale durante o al termine della sua carriera professionistica. L’incontro è servito a sottolineare una volta di più i buoni rapporti tra Comitato Olimpico ed Ateneo. Proprio in questi giorni è attesa una risposta definitiva da parte del Coni per il conferimento di strutture a disposizione degli studenti come contemplato dall’accordo quadro tra le due istituzioni. Un accordo sul quale lo stesso Malagò si è impegnato in prima persona e il cui ritardo di attuazione è visto ormai con preoccupazione dagli studenti iscritti al “Foro Italico”.