(P. Condò) – Elevarti a principe nella città che adora un solo re è un esercizio difficile, eppure Miralem Pjanic c’è riuscito talmente bene da restare malgrado la carriera lo spingesse altrove. Ma alla Roma c’è un lavoro da concludere, e lui è necessario persino più di quanto sia ovvio considerate le sue qualità: perché Pjanic sa indirizzare la squadra in modo discreto lasciando a Totti onori e oneri della guida carismatica.
È un principe per classe e nobiltà, accetta il secondo riflettore (o anche il terzo, o il quarto, non s’è mai messo a contarli) senza farne un problema, fedele al suo re laddove altri anche meno dotati di lui avrebbero cominciato a contestarne la leadership crepuscolare. Ed è per questo che Pjanic, col suo calcio saggio che spesso esplode in conclusioni di visionaria bellezza, è il vero pilastro del progetto scudetto: perché in presenza di un mito come Totti, la Roma non troverà mai un principe di sangue blu disposto a fargli da sostegno meglio di Miralem.